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EMIL CIORAN


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  Tutto ciò che non è diretto, è nullo.
 

Fra la sensazione e la formula espressa (il detto o lo scritto)  c'è un abisso.
 

Duriamo quanto durano le nostre finzioni.

Non esistono idee completamente neutrali, perfino i logici sono passionali.

 

... Si è liberi, si ha l'illusione della libertà nei gesti apparenti. Ma in fondo non si è liberi. Tutto ciò che è profondo nega la libertà. C'è una sorta di calamità, di fatalità segreta che dirige ogni cosa.



 L'amore – un incontro di due salive... Tutti i sentimenti attingono il loro assoluto dalla miseria delle ghiandole.




  • Ogni civiltà configura una risposta alle domande che l'universo suscita; ma il mistero rimane intatto: altre civiltà, con nuove curiosità, vi si cimenteranno, altrettanto vanamente, dato che ciascuna è soltanto un sistema di errori…


Il fatto è che chiunque agisca proietta un senso. Attribuisce un senso a ciò che fa, il che è assolutamente inevitabile e increscioso.. il motivo per cui non ho mai agito? Perché non credo nel senso. Attraverso la riflessione e l'esperienza interiore ho scoperto che niente ha senso, che la vita non ha alcun senso. Ciò non toglie che finché ci si industria si proietti un senso. Io stesso sono vissuto in simulacri di senso. Non si può vivere senza farlo. Ma chi agisce credere implicitamente che le sue azioni abbiano senso; altrimenti non si darebbe da fare. La mia esistenza quale essere vivente è in contraddizione con le mie idee. Essendo vivo faccio quello che fanno i vivi, ma non credo in ciò che faccio, eppure un po' ci credo, nonostante tutto; è questa, suppergiù, la mia posizione.
La gente non riesce a credere che la storia non abbia un senso. La storia ha un corso, ma non un senso. Tutta la storia universale è così: ogni civiltà a un dato momento è matura per scomparire. Ci si chiede allora che senso abbia questo sviluppo. Ma non c'è senso, c'è sviluppo... Ci si prodiga, si fa qualche cosa, e poi si scompare [...] La negazione (nel senso) della storia e in ultima analisi la filosofia indiana: l'azione considerata insignificante, inutile.
Ciò che conta è soltanto la sospensione del tempo... è infatti, se si riflette sulle cose, si dovrebbe smettere di agire, di muoversi... buttarsi per terra e piangere





  • Non aver realizzato nulla, e morire sfiniti.


Bisogna che una sensazione sia caduta bene in basso perché si degni di mutarsi in idea.

Non è grazie al genio ma grazie alla sofferenza, e solo grazie ad essa, che smettiamo di essere una marionetta.

  • L'idea che ho potuto – come tutti – essere sinceramente cristiano, fosse anche per un solo secondo, mi getta nello smarrimento. Il Salvatore mi annoia. Sogno un universo immune da intossicazioni celesti, un universo senza croce né fede.
 Alla minima contrarietà, e a maggior ragione al minimo dispiacere, bisogna precipitarsi nel cimitero più vicino, dispensatore immediato di una calma che si cercherebbe invano altrove. Un rimedio miracoloso, per una volta.


  • Non si può eludere l'esistenza con le spiegazioni, si può solo subirla, amarla o detestarla, adorarla o temerla, in quell'alternanza di felicità e di orrore che esprime il ritmo stesso dell'essere, le sue oscillazioni e le sue dissonanze, le sue veemenze amare o allegre.


  • L'origine dei nostri atti sta nella propensione inconscia a ritenerci il centro, la ragione e l'esito del tempo. I nostri riflessi e il nostro orgoglio trasformano in pianeta la briciola di carne e di coscienza che noi siamo. Se avessimo il giusto senso della nostra posizione nel mondo, se confrontare fosse inseparabile dal vivere, la rivelazione della nostra infima presenza ci schiaccerebbe. Ma vivere significa ingannarsi sulle proprie dimensioni…




Tutto il segreto della vita sta nel votarsi alle illusioni senza sapere che sono tali. Non appena le si conosce per quello che sono, l'incanto è rotto.


Precipitato fuori dal sonno dalla domanda: "Dove va, questo attimo?".
"Alla morte", fu la mia risposta. E subito tornai a dormire.

La conversazione è feconda soltanto tra spiriti dediti a consolidare le loro perplessità.

In questo universo, i nostri assiomi hanno solo un valore di cronaca.

Prendo una risoluzione in piedi; mi sdraio – e l'anullo.

In ogni individuo si crea e si distrugge un mondo. Sarebbe più esatto dire: il mondo.


Non faccio niente, d'accordo. Ma vedo passare le ore – e questo è meglio che cercare di riempirle.

Rinnovarsi significa cambiare opinione, significa rinnegarsi. Per fortuna ogni volta che si rinnega si prova un segreto piacere, quanto mai ambiguo, di cui sarebbe assurdo privarsi.


Perché la Gītā pone in alto «la rinuncia al frutto delle azioni?» Perché quella rinuncia è rara, irrealizzabile, contraria alla nostra natura, e giungervi significa distruggere l'uomo che si è stati e che si è, uccidere in sé tutto il passato, l'opera di millenni – affrancarsi, in una parola, dalla Specie, da questa turpe e immemoriale marmaglia.

È semplice chiacchiera ogni conversazione con chi non ha sofferto.

Chiunque sia in possesso o sotto l'influenza di una dottrina è condannato a vivere nel falso e a operare il falso. Essere nel vero e operare il vero è pressoché impossibile. Il fatto è che l'uomo è stato irrevocabilmente corrotto dall'idea, ossia da simulacri.

Quando si sa che ogni problema è soltanto un falso problema, si è pericolosamente vicini alla salvezza.

Non vi è che questo pullulare di moribondi affetti da longevità, tanto più detestabili in quanto sanno organizzare così bene la loro agonia.

Noi respiriamo troppo velocemente per poter cogliere le cose in se stesse o denunciarne la fragilità.

Il pessimismo è un segno di squilibrio mentale, come d'altronde l'ottimismo.

Ci si accalca solo intorno ai venditori di illusioni, in filosofia come in ogni altra cosa. Intorno a chi non si abbassa a proporre si fa sempre il vuoto.

La letteratura, la filosofia, la religione, tutto dà troppa importanza all'uomo.


Tutto manca di sostanza, e la vita è soltanto una piroetta nel vuoto.

All'interno di ogni desiderio lottano un monaco e un macellaio.

La vita mi è sempre parsa enigmatica e insignificante, profonda e irreale; un nulla che invita allo stupore.



Lo scettico è la disperazione del diavolo. Il fatto è che lo scettico, non essendo alleato con nessuno, non potrà giovare né al bene né soprattutto al male. Non coopera con niente, nemmeno con se stesso.


Rari sono i giorni in cui, proiettato nella post-storia, io non assista all'ilarità degli dèi al termine dell'episodio umano.

Tutto il «mistero» della vita sta nell'attaccamento alla vita, in un'obnubilazione quasi miracolosa che ci impedisce di distinguere la nostra precarietà e le nostre illusioni.


Il vero contatto fra gli esseri si stabilisce solo con la presenza muta, con l'apparente non-comunicazione, con lo scambio misterioso e senza parole che assomiglia alla preghiera interiore.

Non è parlando degli altri, ma guardando in se stessi che si può incontrare la Verità. Ogni cammino che non conduca alla solitudine o non inizi da essa è deviazione, errore, perdita di tempo.

Finché si è scontenti di sé non tutto è perduto.



La sofferenza apre gli occhi, aiuta a vedere le cose che non si sarebbero percepite altrimenti. Quindi non è utile che alla conoscenza, e, all'infuori di essa, serve solo ad avvelenare l'esistenza. Il che, sia detto di sfuggita, favorisce ancora la conoscenza. "Ha sofferto, dunque ha capito". È tutto quello che si può dire di una vittima della malattia, dell'ingiustizia, o di qualunque altra varietà di sventura. La sofferenza non migliora nessuno (tranne quelli che erano già buoni), e viene dimenticata come viene dimenticata ogni cosa, non entra nel "patrimonio dell'umanità", né si conserva in alcun modo, ma si perde come si perde ogni altra cosa. Ancora una volta, serve solo ad aprire gli occhi.


Mi piacerebbe essere libero, perdutamente libero. Libero come un nato morto.

Approfondire un'idea è farle oltraggio, toglierne il fascino... anzi la vita.

Il Divenire: un'agonia senza epilogo.

Vivo attraverso i giorni come una puttana in un mondo senza marciapiedi.

Un dio comincia a diventare falso nel momento in cui nessuno si degna di farsi ammazzare per lui.

La differenza fra il teorico della religione e il credente è grande come quella fra lo psichiatra e il pazzo.


Perché frequentare Platone, quando un sassofono può farci intravedere altrettanto bene un altro mondo?

La coscienza è molto più della scheggia, è il pugnale nella carne.

Conta solo il libro che si pianta come un coltello nel cuore del lettore.



La lucidità non estirpa il desiderio di vivere, tutt'altro, rende solo inadatti alla vita.


La vera, unica sfortuna: quella di venire alla luce. Risale all'aggressività, al principio di espansione e di rabbia annidato nelle origini, allo slancio verso il peggio che le squassò.

Mentre agiamo abbiamo uno scopo; ma l'azione, una volta conclusa, non ha per noi maggiore realtà dello scopo che perseguivamo. Non c'era dunque nulla di veramente consistente in tutto ciò, era solo gioco. Ma ci sono alcuni che hanno coscienza di questo gioco durante l'azione stessa: vivono la conclusione nelle premesse, il realizzato nel virtuale, minano la serietà con il fatto stesso di esistere.

Quando la feccia sposa un mito, preparatevi a un massacro o, peggio ancora, a una nuova religione.


La prova migliore di quanto l'umanità stia regredendo è l'impossibilità di trovare un solo popolo, una sola tribù, in cui la nascita provochi ancora lutto e lamenti.


  • Noi moriamo in proporzione alle parole che spargiamo intorno a noi…
  • In un mondo di sofferenze, ciascuna di esse è solipsistica rispetto a tutte le altre.
  • La forza che abbiamo ci viene dai nostri oblii e dalla nostra incapacità di rappresentarci la pluralità dei destini simultanei. Nessuno potrebbe sopravvivere alla comprensione istantanea del dolore universale, dato che ogni cuore è fatto solo per una certa quantità di sofferenze.
  • Il miglior mezzo per sbarazzarsi di un nemico è dirne bene ovunque. Glielo riferiranno, e lui non avrà più la forza di nuocervi: avete spezzato la sua molla... Sarà sempre in guerra contro di voi ma senza vigore né costanza, giacché inconsciamente avrà smesso di odiarvi. È vinto, e ignora la propria disfatta.

  • Più si è sofferto, meno si rivendica. Protestare è segno che non si è attraversato alcun inferno.
  • Quei figli che non ho voluto, sapessero la felicità che mi debbono!

  • Un silenzio improvviso nel mezzo di una conversazione ci riporta d'un tratto all'essenziale: ci rivela a quale prezzo dobbiamo pagare l'invenzione della parola.




La meditazione è uno stato di veglia mantenuto per via di un'oscura turba, che è insieme devastazione e benedizione.

La musica esiste solo fintantoché dura l'ascolto, come Dio finché dura l'estasi. L'arte suprema e l'essere supremo hanno questo in comune: dipendono interamente da noi.

  • Non cominciamo a vivere realmente se non una volta giunti in fondo alla filosofia, sulla sua rovina, quando abbiamo capito sia la sua terribile insignificanza sia l'inutilità del farvi ricorso, in quanto non è di alcun aiuto.

  • Se tutti coloro che abbiamo ucciso col pensiero scomparissero davvero, la terra non avrebbe più abitanti.
  • Il fatto è che tutti gli uomini che gettano uno sguardo sulle loro rovine passate credono – per evitare le rovine future – che sia in loro potere ricominciare qualche cosa di radicalmente nuovo. Fanno a se stessi una promessa solenne e attendono un miracolo che li tiri fuori dal baratro mediocre in cui il destino li ha sprofondati. Ma non accade nulla. Tutti continuano a essere gli stessi, modificati soltanto dall'accentuarsi di quella tendenza a decadere che è il loro marchio.
  • Colui che propone una fede nuova è perseguitato, in attesa di diventare a sua volta persecutore: le verità cominciano da un conflitto con la polizia e finiscono col farsi sostenere da essa […]



  • Non so quale sete diabolica m'impedisca di denunciare il patto col mio respiro.


  • Si è «civilizzati» nella misura in cui non si esibisce la propria lebbra e si porta rispetto all'elegante falsità costruita dai secoli.






  • Una constatazione che verifico, con mio grande rammarico, a ogni istante: sono felici solo coloro che non pensano mai, vale a dire coloro che pensano giusto il poco che basta per vivere.


Il fanatico […] è incorruttibile: se per un'idea è capace di uccidere, allo stesso modo può farsi uccidere per essa; in entrambi i casi, sia egli tiranno o martire, è un mostro. Non esistono esseri più pericolosi di quelli che hanno sofferto per una convinzione: i grandi persecutori si reclutano tra i martiri ai quali non è stata tagliata la testa.

Divorare una biografia dopo l'altra per persuadersi meglio dell'inutilità di qualsiasi impresa, di qualunque destino.
  • La teologia, la morale, la storia e l'esperienza di tutti i giorni insegnano che, per raggiungere l'equilibrio, non c'è un'infinità di segreti – ce n'è uno solo: sottomettersi. «Accettate un giogo» esse ci ripetono «e sarete felici; siate qualche cosa e verrete liberati dalle vostre pene».

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