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by Claudio Lamparelli
Qualche volta propongo quella che potrebbe essere definita
la “meditazione del pisolino”. Non si tratta di una mia invenzione, ma
di una tecnica che risale all’antichità delle Upanishad. In questi
testi, infatti, si nota come esistano quattro stati fondamentali
dell’essere: la veglia, il sogno, il sonno profondo (senza sogni) e il
“quarto stato” (il fondamento da cui sorge tutto).
Ora, la veglia e lo stato di sogno sono caratterizzati dal
dualismo, perché c’è sempre un soggetto che conosce e un oggetto che è
conosciuto, entrambi impegnati in un gioco di specchi senza fine. Ma già
nel sonno senza sogni - il pisolino - la distinzione scompare: non c’è
il sognatore e non c’è il sognato. E che cosa rimane?
Voi non potete ricordarvi di nulla, perché non c’è la
coscienza con le sue divisioni. Ma, poiché vi siete risvegliati, è
evidente che c’era qualcuno che conduceva il gioco. Questo “qualcuno” è
in realtà il vostro sé. Nel pisolino, dunque, voi entrate in contatto
con il vostro sé più profondo perdendo nello stesso tempo il rapporto
con il vostro ego, con la persona che pensa e che si divide, con
l’individuo che si staglia isolato proiettando il suo mondo.
Il pisolino è dunque un aiuto che vi viene dato dalla natura
per farvi ricordare che il vostro vero sé è sempre presente e che sta al
fondo di ogni stato dell’essere.
Infatti, mentre da un sonno pieno di sogni potete svegliarvi impauriti o stanchi, dal pisolino vi svegliate sempre più freschi.
Per forza: siete entrati in contatto con le radici del vostro essere.
Questo sé è sempre presente anche durante la giornata. Ma
viene oscurato o dimenticato nelle varie attività, nei vari stati
dell’essere.
Ed ecco allora la seconda meditazione: il ricordo. Ricordarsi
ogni tanto, all’improvviso, che voi non siete soltanto quell’io che
pensa e che proietta il mondo. Al di sotto vi è sempre il sé silenzioso e
cosciente, che non perde mai la propria presenza.
C’è dunque qualcosa che può essere sperimentato, ma non
conosciuto (con la mente dualitica). Ed è ovvio: l’essere lo si può solo
essere, non conoscere.
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