Le sceneggiature delle nostre vite sono state già scritte, da altri... E abbiamo paura, cavolo come abbiamo paura, ventisei ore al giorno! E di cosa pensi che abbiamo paura? Di noi stessi. Cosa sarà di noi? Cosa c'è in serbo per noi? Che ci succederà?
Che egomaniaci!
Conoscete Carlos Castaneda? Vi piace il suo insegnamento?
Se non sapete chi è costui e volete capire di cosa sto parlando, leggete questa simpatica intervista tratta dal libro "Interviste a Carlos Castaneda: Si vive solo due volte".
Oltre a farvi due risate ^_^, potrete avere un'idea più chiara di questo incredibile personaggio.
Buona riflessione!
Castaneda apparve con un largo sorriso. Strinse la mia mano e si sedette.
Stavo per tirare fuori la storia delle scimmiette quando cominciò a piangere.
Vidi la sua fronte corrugarsi e tutto il corpo sussultare per i singhiozzi. Stava rantolando come un pesce tolto dalla vasca.
Il suo labbro inferiore si con torceva, bagnato ed elettrificato. Distese il suo braccio verso di me, la mano tremante e contratta mi venne incontro come la bocca di un vegetale carnivoro,
come per chiedere l'elemosina.
"Per favore!", riusci a sputare fuori queste parole in un attimo di tregua, col tremolio dei suoi muscoli facciali.
"Per favore amami!!, disse piegando la testa come un cavallo, supplicandomi. Castaneda stava ancora piangendo, come un grande idrante rotto e strozzato. La sua goffa rappresentazione, dal sublime al ridicolo, si esaurì in una oscena contrazione da pianto.
"Ecco cosa siamo: scimmie con piattini di latta per l'elemosina. Così prevedibili, così deboli. Masturbatori. Siamo sublimi, ma la scimmia insana non ha energia per vedere. Così il cervello della bestia prevale. Non possiamo afferrare la nostra finestra di opportunità, il nostro "centimetro di chance".
Non possiamo, siamo troppo occupati a tenere la mano di mammina. A pensare come siamo meravigliosi e unici e sensibili.
"Lo sappiamo... ma non ce ne importa. Vaffanculo diciamo. Siamo i cinici definitivi. Porca puttana! Questo è il modo in cui viviamo! In un rigagnolo di merda tiepida. Cosa ci hanno fatto? Questo è quello che don Juan continuava a dire. Aveva l'abitudine di domandarmi: "Com'è la carota?". "Che carota?", gli rispondevo io. "Quella che ti hanno infilato su per il culo". Ero terribilmente offeso, come poteva arrivare a tanto? "Sii loro riconoscente per non averci ancora messo una maniglia"
"Ma se possiamo scegliere, perché stiamo in quel rigagnolo" - chiese il giornalista.
"E' così calduccio, Non vogliamo abbandonarlo, noi odiamo dover dire addio. E abbiamo paura, cavolo come abbiamo paura, ventisei ore al giorno! E di cosa pensi che abbiamo paura? Di noi stessi. Cosa sarà di noi? Cosa c'è in serbo per noi? Che ci succederà?
Sorrideva come un gommoso gattone del Cheshire.
Gli ho fatto notare che la sua visione della vita mi sembrava un po' troppo aspra e lui si è messo a ridere.
Poi, con una comicità stitica da accademico si è messo a declamare: "Castaneda è un vecchio uomo amareggiato". La sua caricatura era buffa, brutalmente azzeccata. "Le scimmie ingorde hanno raggiunto la nocciolina attraverso le sbarre e non possono mollare la presa. Sono stati fatti degli studi in proposito nessuno riuscirebbe a fargli mollare la nocciolina. Terrebbero il pugno chiuso anche se gli segassi il braccio, noi moriamo stringendo la merda.
Ma perché?
Is that all there is, come diceva Miss Peggy Lee?
Non può essere, sarebbe troppo terribile.
Stavo per tirare fuori la storia delle scimmiette quando cominciò a piangere.
Vidi la sua fronte corrugarsi e tutto il corpo sussultare per i singhiozzi. Stava rantolando come un pesce tolto dalla vasca.
Il suo labbro inferiore si con torceva, bagnato ed elettrificato. Distese il suo braccio verso di me, la mano tremante e contratta mi venne incontro come la bocca di un vegetale carnivoro,
come per chiedere l'elemosina.
"Per favore!", riusci a sputare fuori queste parole in un attimo di tregua, col tremolio dei suoi muscoli facciali.
"Per favore amami!!, disse piegando la testa come un cavallo, supplicandomi. Castaneda stava ancora piangendo, come un grande idrante rotto e strozzato. La sua goffa rappresentazione, dal sublime al ridicolo, si esaurì in una oscena contrazione da pianto.
"Ecco cosa siamo: scimmie con piattini di latta per l'elemosina. Così prevedibili, così deboli. Masturbatori. Siamo sublimi, ma la scimmia insana non ha energia per vedere. Così il cervello della bestia prevale. Non possiamo afferrare la nostra finestra di opportunità, il nostro "centimetro di chance".
Non possiamo, siamo troppo occupati a tenere la mano di mammina. A pensare come siamo meravigliosi e unici e sensibili.
Non siamo unici!
Le sceneggiature delle nostre vite sono state già scritte, da altri", disse sogghignando sinistramente.
"Lo sappiamo... ma non ce ne importa. Vaffanculo diciamo. Siamo i cinici definitivi. Porca puttana! Questo è il modo in cui viviamo! In un rigagnolo di merda tiepida. Cosa ci hanno fatto? Questo è quello che don Juan continuava a dire. Aveva l'abitudine di domandarmi: "Com'è la carota?". "Che carota?", gli rispondevo io. "Quella che ti hanno infilato su per il culo". Ero terribilmente offeso, come poteva arrivare a tanto? "Sii loro riconoscente per non averci ancora messo una maniglia"
"Ma se possiamo scegliere, perché stiamo in quel rigagnolo" - chiese il giornalista.
"E' così calduccio, Non vogliamo abbandonarlo, noi odiamo dover dire addio. E abbiamo paura, cavolo come abbiamo paura, ventisei ore al giorno! E di cosa pensi che abbiamo paura? Di noi stessi. Cosa sarà di noi? Cosa c'è in serbo per noi? Che ci succederà?
Che egomaniaci!
Cosi orribile, ma anche cosi affascinante!"Sorrideva come un gommoso gattone del Cheshire.
Gli ho fatto notare che la sua visione della vita mi sembrava un po' troppo aspra e lui si è messo a ridere.
Poi, con una comicità stitica da accademico si è messo a declamare: "Castaneda è un vecchio uomo amareggiato". La sua caricatura era buffa, brutalmente azzeccata. "Le scimmie ingorde hanno raggiunto la nocciolina attraverso le sbarre e non possono mollare la presa. Sono stati fatti degli studi in proposito nessuno riuscirebbe a fargli mollare la nocciolina. Terrebbero il pugno chiuso anche se gli segassi il braccio, noi moriamo stringendo la merda.
Ma perché?
Is that all there is, come diceva Miss Peggy Lee?
Non può essere, sarebbe troppo terribile.
Dobbiamo imparare a mollare la presa. Collezioniamo ricordi e li incolliamo su degli album, come biglietti per uno spettacolo di Broadway di dieci anni fa. Moriamo attaccati a souvenir. Essere uno stregone è avere energia, curiosità e fegato per lasciare le cose, per fare salti mortali nell'incognito. Tutto ciò di cui si ha bisogno sono delle ridefinizioni, regolare gli strumenti.
Dobbiamo vederci come esseri che devono morire!
Una volta che accettiamo questo fatto, i mondi si schiuderanno per noi. Ma per abbracciare questo concetto devi avere delle "Balle d'acciaio".
----------------------------
Commenti