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LA VIA DEL RISVEGLIO SECONDO GUSTAVO MEYRINK


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Il principio è ciò che all'uomo manca. E non che sia tanto difficile
trovarlo. È anzi proprio il preconcetto di doverlo trovare che
costituisce impedimento. La vita è piena di grazia; ad ogni istante essa
ci dona un principio. Ad ogni secondo siamo investiti dalla domanda: « Chi
sono io? ». Noi non la poniamo. E quest'è la ragione per cui non troviamo
il principio.Se però una volta seriamente la poniamo, già spunta il
giorno, il cui rosso tramonto significa morte per quei pensieri che sono
penetrati nell'aula dei Re e vivono da parassiti alla mensa dell'anima
nostra. Lo scoglio corallifero ch'essi con diligenza da infusori si sono
andati costruendo nel corso dei secoli e che noi chiamiamo « il nostro
corpo », è opera loro ed è il luogo dove albergano e vanno prolificando.
Noi dobbiamo innanzitutto aprire una breccia in questo scoglio di calce e
colla e poi nuovamente dissolverlo in quello spirito ch'esso inizialmente era, se intendiamo riguadagnare il libero mare.

Chi non impara a vedere in terra, nell’Aldilà non lo impara di certo.
La chiave della potenza sulla natura inferiore è arrugginita
fin dai tempi del diluvio.
Essa si chiama: esser sveglio.
Essere svegli è tutto. Di nulla l'uomo è così fermamente persuaso quanto
d'esser sveglio. In verità, però, egli è imprigionato in una rete di sonno e
di sogno ch'egli stesso ha intessuto. Più fitta è questa rete e più potente
signoreggia il sonno. Quelli che vi sono impigliati passano nella vita come
un gregge avviato al macello, ottusi, indifferenti e senza (veri) pensieri.

Esser svegli è tutto.
Il primo passo in questo senso è così facile che anche un bimbo lo sa
fare; ma chi ha disimparato a camminare  resta paralizzato da entrambi
 i piedi perché non vuol fare a meno delle stampelle che ha ereditato
dai suoi antenati. Sii sveglio qualunque cosa tu intraprenda! Non
credere d'esserlo già. No: tu dormi e sogni. Irrigidisciti tutto,
raccogliti bene e costringiti un momento solo alla sensazione che ti
traversa con un brivido il corpo: « ORA SONO SVEGLIO! ». Se ti riesce di
sentire questo, riconoscerai pure d'un tratto che lo stato in cui solo un
istante prima ti trovavi non appare al confronto che come stordimento e sonnolenza.

Ed è questo il primo passo esitante per un lungo, lungo migrare dalla
servitù all'onnipotenza. Cammina in questo modo da risveglio a risveglio.
Non v'è pensiero tormentoso che cosi tu non possa bandire; esso resta
indietro e non può più sollevarsi fino a te; tu lo sovrasti, così come la
corona di un albero cresce spaziando al disopra dei rami inariditi.

Cadranno da te i dolori come foglie appassite, una volta che tu sia tanto
innanzi, che codesto risveglio s'impossessi del tuo stesso corpo.
Le gelide immersioni degli Ebrei e dei Brahmani, le notturne veglie dei
discepoli del Buddha e degli asceti cristiani, i supplizi inflittisi dai
fachiri indù per non addormentarsi, altro non sono che riti esteriori
cristallizzati, frantumi di colonne che rivelano ai cercatori:

 « Qui nei grigi tempi lontani s'erigeva un tempio arcano al "Volere esser svegli ".

Leggi le sacre scritture d'ogni popolo della terra: passa traverso esse
tutte il filo rosso della dottrina arcana del risveglio. E’ la Scala
Celeste di Giacobbe che lottò con l'angelo del Signore tutta la « notte »
finché non si fece « giorno », ed egli riportò vittoria. Dall'uno
all'altro gradino di un risveglio sempre più chiaro e distinto tu devi
salire se vuoi uccidere la morte, la cui corazza ha per piastre il sonno,
il sogno e lo stordimento.

Pensa soltanto che l'infimo gradino di codesta Scala Celeste si chiama
genio. Che nome dovremmo dare allora ai più alti gradi? Essi restano
ignoti alle moltitudini e vengono ritenuti leggenda.

 Sulla via del risveglio il primo nemico che ti sbarrerà
il passo sarà il tuo stesso corpo.

Fino al primo canto del gallo egli combatterà contro di te. Quando
però tu sia riuscito a vedere il giorno dell'eterno risveglio che ti
stranierà dalla schiera dei sonnambuli che credono d'esser uomini e non
sanno d'esser degli dèi dormienti, allora sparirà per te anche il sonno
del corpo e l'universo intero ti sarà soggetto.

Allora potrai far miracoli, se vorrai, e non dovrai attendere, umile,
gemebondo schiavo, che un crudele Iddio si compiaccia di farti grazia o di
farti tagliare la testa.

Certo: la felicità del cane fedele e scodinzolante, quella di sapere un
padrone sopra di sé a cui si possa servire, codesta felicità s'infrangerà
per te. Ma intèrrogati bene e rispondimi: Vorresti tu cambiarti, uomo
quale oggi sei ancora, col tuo cane? Ognuno che senta la terra come una
prigione, ogni credente che invoca la redenzione tutti costoro evocano
inconsciamente il mondo dei fantasmi. Fallo anche tu. Ma in piena coscienza!

Ci sarà, per coloro che lo fanno inconsciamente, una mano invisibile che
magicamente tramuti in terraferma le paludi in cui essi necessariamente
devono finire? Non lo so. Non voglio contestarlo ma non ci credo.
Quando, sulla via del risveglio, passerai per il regno dei fantasmi,
riconoscerai a poco a poco, ch'essi altro non sono se non pensieri che tu
vedi d'improvviso con gli occhi. Quest'è la ragione per cui essi ti sono
inconsueti e t'appaiono quali larve. Poiché il linguaggio delle forme è
diverso dall'idioma del cervello.

Ed è arrivato allora quell'istante nel tempo in cui si compie la strana
permutazione che in te può avvenire: dagli uomini che ti circondano
vengono fuori degli spettri. Tutti coloro che ti sono stati cari,
diventano d'improvviso larve. Perfino il tuo stesso corpo.
E la più terrificante delle solitudini che pensare si possa. E’ un
pellegrinar nel deserto. E chi in esso non trova la fonte della vita,
muore di sete.

... Questo è il segno, la stimmate di tutti coloro che sono stati morsi
dalla « Serpe del mondo spirituale ». Sembra quasi che due vite debbano
innestarsi in noi prima che il miracolo del risveglio possa compiersi.
Quel che di solito è disciolto dalla morte, avviene in questo caso per lo
svanire dei ricordi talora per un improvviso interno capovolgimento. Gli
uomini tutti potrebbero arrivare a questo. E la chiave si trova puramente
e semplicemente nel rendersi conto della « forma del proprio Io », della
propria pelle, vale a dire del fatto che si sia immersi nel sonno; nello scoprire
la stretta fessura attraverso la quale la coscienza si fa strada fra lo
stato di veglia e quello del sonno più profondo.

La lotta per l'immortalità è una battaglia per il dominio sui suoni e sui
fantasmi che hanno in noi la loro dimora; e l'attesa del nostro « Sé » di
diventare Re, è come aspettare il Messia. Tutto ciò ch'io ti ho detto si
ritrova nei libri dei religiosi d'ogni popolo: l'avvento d'un nuovo Regno,
la veglia, la vittoria sul corpo e la solitudine. Eppure da codesti
religiosi ci divide un abisso senza ponti.

 Essi credono che si avvicini un giorno, in cui i buoni entreranno in Paradiso
e i cattivi saranno sommersi nelle voragini dell'Inferno.

Noi sappiamo invece, che verrà il tempo in cui molti si ridesteranno e verranno divisi dai dormienti così come i signori dagli schiavi,
perché i dormienti non possono capire i risvegliati.

Noi sappiamo che non esiste né il bene né il male, ma soltanto il vero e il
falso. Essi credono che lo « stare svegli » sia tener aperti i sensi e gli occhi ed eretto il corpo durante la notte perché l'uomo possa recitare le sue preghiere.

Noi sappiamo che lo « star desti » equivale al risveglio dell'Io immortale
di cui l’insonne stato del corpo non è che la naturale conseguenza.

Essi credono che il corpo debba venir trascurato e sia da
considerare vile perché peccaminoso.

 Noi sappiamo: che il peccato non esiste; che il corpo è il principio
col quale dobbiamo incominciare; e che noi siamo
discesi in terra per trasformarlo in spirito.

 Essi credono che occorra andare col proprio corpo in solitudine
per purificare lo spirito.

Noi sappiamo che, innanzi tutto, è il nostro spirito che deve
andare in solitudine per trasfigurare il corpo.

 Da te solo dipende di sceglier la tua via, la nostra oppure la loro.
A decidere deve essere la tua libera volontà.

Ti ho detto che il principio della via è lo stesso nostro corpo. Chi sa
questo può ad ogni istante mettersi in cammino.


Adesso voglio insegnarti i primi passi.
Tu devi distaccarti dal corpo, ma non come se tu lo volessi
abbandonare. Devi scioglierti da esso come uno che separi la luce dal
calore. Già a questa svolta sta in agguato il primo nemico.

Chi si strappa dal proprio corpo per volare traverso lo spazio percorre la
via delle streghe, che hanno tratto dal loro rozzo involucro terrestre un
corpo di fantasma su cui esse cavalcano, come su di un manico di scopa,
nella notte di Valpurga. Le streghe credono d'esser al sabba del diavolo,
mentre il loro corpo giace in realtà privo di sensi e rigido nella loro
camera. Esse scambiano semplicemente la loro percezione terrestre con
quella spirituale; perdono il meglio per acquistar la parte peggiore; il
loro è un depauperarsi, anziché un arricchirsi.

Già da ciò puoi capire che
non è questa la via verso il risveglio. Per comprendere che tu non sei il
tuo corpo come gli uomini credono di sé stessi devi renderti conto delle
armi che esso usa per poter conservare il dominio su di te.

Certo che adesso stai ancora così profondamente in sua balia,
che la tua vita si spegne se il suo cuore cessa di battere e che t'affondi
nella notte non appena esso chiuda gli occhi.

Tu credi di poterlo muovere. Ma è un'illusione: è, al contrario,
lui che si muove e che solamente prende in aiuto da te la tua volontà.

Tu credi di creare pensieri. No: è esso che te li manda perché tu creda
ch'essi provengano da te e perché tu faccia tutto ciò ch'esso vuole.

Mèttiti a sedere ben diritto e proponiti di non muover membro né di batter
ciglio e di restartene immobile come una colonna, e allora vedrai come
esso, avvampato d'odio, si precipiti su di te e ti voglia costringere ad
essergli di nuovo soggetto. Con mille armi esso t'assalirà e non ti darà
pace fino a che non gli abbia di nuovo permesso di muoversi. Dalla sua ira
feroce, dalla precipitata maniera di combattere per cui esso lancerà
freccia su freccia contro di te, potrai accorgerti, se presti attenzione, di
quanto esso tema per il suo dominio e quanto sia grande la tua potenza,
della quale esso mostra d'aver tanta paura. Dominare il tuo corpo non deve
esser lo scopo ultimo che tu persegui. Quando tu gli proibisci di
muoversi, lo devi far soltanto per arrivare a conoscere le forze sulle
quali si esercita il suo dominio. Esse sono legioni, quasi inassoggettabili
per quantità. Il corpo le lancerà a combattere contro di te, l'una dopo
l'altra se tu non desisterai dal tenergli testa col mezzo, apparentemente
così semplice, dello star seduto ed immobile. Sarà prima la brutalità rude
dei muscoli che vogliono tremare e sussultare; poi il bollire del sangue
che ti imperlerà il viso di sudore; e il martellamento del cuore; e la
pelle percorsa da brividi così freddi da far rizzare i capelli; e
l'oscillazione del corpo che ti prende, come se l'asse di gravità si fosse
spostato. Tutte codeste forze tu potrai fronteggiare e vincere, e, in
apparenza, grazie alla volontà. Ma non sarà la volontà soltanto: sarà in
effetti un risvegliarsi superiore che le sta dietro, invisibile come per
la magica virtù dell'elmo di Sigfrido.

             Ma anche questa vittoria è priva di valore. Perfino se tu riuscirai a
renderti signore del respiro e del battito del cuore, non saresti che un
fachiro un « povero », per dirla in povere parole.

I campioni che in seguito il tuo corpo manda a fronteggiarti
sono gli inafferrabili sciami di mosche dei pensieri.
Contro di essi non giova la spada della volontà.
Più selvaggiamente tu la vibri contro di loro e più rabbiosi essi ti
ronzano intorno e se, per un momento, ti riesce di levarteli di torno,
ecco che tu cadi in letargo e sei vinto in un altro modo.
Imporre ad essi di star fermi è fatica sprecata. C'è un solo modo di
scampare ad essi: passare ad un grado superiore di risveglio.

Come tu debba incominciare per arrivarvi, e cosa che
devi imparare da te. E’, un continuo, prudente andar a tastoni
col sentimento, ed è nel contempo un ferreo proposito.

Questo è tutto ciò che te ne posso dire; ogni consiglio che ti si
voglia dare riguardo codesta lotta tormentosa è veleno. Qui c'è uno scoglio
da evitare e sorpassare, al cui non puoi provvedere che tu stesso.

Raggiunto che tu abbia questo stato, s'avanza il regno degli
spettri del quale già ti ho parlato. Apparizioni spaventevoli o radianti di
luci ti si manifesteranno e vorranno farsi credere da te esseri
soprannaturali. E invece non sono che pensieri in forma visibile sui quali
ancora non hai piena potenza.

Più solennemente essi s'atteggiano, più perniciosi sono: rammentalo!
Quando però tu abbia trovato il « senso più profondo » che si nasconde in
ognuna di queste larve di esseri, tu riuscirai a vedere con l'occhio dello
spirito non solo il loro nucleo vivo, ma il tuo stesso. E allora tutto
quel che ti sia stato tolto, ti verrà mille volte restituito, come a
Giobbe; allora tu sarai di nuovo dov'eri una volta, come volentieri
affermeranno ironizzando gli stolti. Non sanno essi che è ben diverso
rimpatriare dopo essere stati lungamente in terra straniera, dall'esser
sempre rimasti a casa.

Se a te una volta avanzato di tanto sia fatta parte delle stesse forze
miracolose possedute dai profeti dell'antichità, o se invece ti sia
riservato l'entrare nell'eterna pace, è cosa che nessuno può sapere. La
nostra via porta fino al gradino della maturità. Arrivato che tu sia ad
essa sei anche degno di ricever quel dono. Una fenice tu sarai diventato
in entrambi i casi. Ottenere a forza quel dono è cosa che sta in tuo
potere. Uno tra coloro che conservano la chiave della magia è rimasto in
terra e cerca e aduna i chiamati. Così come lui non può morire, non può
morir la leggenda che circola su di lui.
Sussurrano alcuni ch'egli sia l'Ebreo Errante; altri lo chiamano Elia; gli
gnostici sostengono che si tratti di Giovanni Evangelista. Ed è soltanto
naturale che ognuno lo veda diversamente; un essere che, come lui, abbia
trasmutato il suo corpo in spirito, non può più restar legato alla
rigidità d'una qualunque forma.

Immortale, in verità, è  l'uomo risvegliato.
Astri e Dei tramontano, egli solo resta e può mandare a compimento
tutto quel ch'egli vuole. Non c'è Dio sopra di lui.
Non per niente la nostra via è detta una via pagana.
Ciò che il religioso ritiene Dio, non è che uno stato ch'egli
potrebbe raggiungere se fosse capace di credere in sé stesso.
Così invece egli pone, con cecità inguaribile, un ostacolo
dinanzi a sé oltre al quale egli non s'arrischia di spiccare un salto.
Egli si crea un'immagine per
adorarla, invece di trasformarsi in essa.
Se puoi pregare, prega il tuo invisibile te stesso.
Egli è l'unico Dio che esaudisce le preghiere. Gli
altri Dei ti porgono pietre invece di pane.

... Quando il tuo invisibile Te stesso apparirà in te come entità, tu

potrai riconoscerlo dal fatto che getterà un'ombra.

lo stesso non sapevo prima chi io  fossi,

fino a quando non ebbi a vedere il mio corpo come

un'ombra.

Commenti

Anonimo ha detto…
...bellissimo

Stefano

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