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DIALOGO INTERIORE TRA CERVELLO RETTILE, LIMBICO E NEOCORTECCIA

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I seguenti dialoghi sono tratti dal libro Basta dirlo di P. Borzachiello


Dentro la nostra testa avviene un dialogo simile a quelli che seguono. Se impariamo a riconoscere e a modificare questo dialogo interiore possiamo cambiare il nostro stile di vita.

Goditi adesso questi dialoghi che hanno per protagonisti il cervello rettile (R), il cervello limbico (L) e la neocorteccia (N).


LE SCARPE NUOVE


Cervello Rettile: Sexy!

Limbico: Sì, sono meravigliose!

Rettile: Sono bellissime, le devo avere!

Neocorteccia: Eh no, di scarpe ne hai già abbastanza.

R Ma sono bellissime!

N No, abbiamo speso troppo questo mese.

R Sì, ma sono bellissime…

L Già, pensate a quanto starebbero bene con quella maglietta che ho visto l’altro giorno in quel negozio in centro…

N Vi ho già detto che abbiamo speso troppo questo mese.

R Ma sono bellissime! E poi me le merito!

L Pensate a come potrebbe reagire lui… potrebbe persino uscirci un invito a cena… e chissà, dopo… magari…

N Va bene, ma solo per questa volta.


(Perché è utile leggere un dialogo del genere? Perché è quello che, più o meno, ci passa per la testa quando prendiamo impegni con noi stessi e poi non li manteniamo. Lo scopo di questi dialoghi è quello innanzitutto di farti sorridere, che è già di per sé una cosa buona, e poi di fare luce su quello che ti passa per la testa. Perché la verità è che presto o tardi ti capiterà nuovamente di parlarti così. E allora saprai. E allora ti ricorderai di queste righe. E forse, dico forse, farai la cosa giusta e non quella più comoda.)


LE FLESSIONI MATTUTINE


N Bene, sono le sette, momento ideale per il mio programma: cinquanta flessioni veloci e poi via!

R Tu sei fuori, sono le sette, torna a letto.

N Eh no, se vuoi risultati efficaci, bisogna lavorare: “No pain, no gain!”.

R Non se ne parla, io alle sette non mi alzo a fare flessioni. Scordatelo.

L … In fin dei conti, cosa vuoi che siano altri dieci minuti… potrei stare ancora un po’ qui sotto le coperte e godermi il tepore del risveglio…

N Ma… e le flessioni? Gli addominali? Il metodo?

R Tu sei fuori, altro che metodo!

L … Possiamo farlo più tardi, in fondo sono stanco, mi voglio solo riposare un po’… e poi… sentite com’è piacevole lasciarsi avvolgere dal caldo abbraccio di questo piumone…

N Okay, ma domani iniziamo davvero!


LA FETTA DI TORTA


R Zucchero!

L Sììì!

R Ma l’hai vista? Cioè, deve essere buonissima…

L Riesco solo a immaginare la sensazione sublime di quel cioccolato e di quella crema che si sciolgono in bocca…

R Sto iniziando a salivare. Prendiamola, prendiamola, prendiamola!

N Mi spiace rompervi le uova nel paniere, ma conterrà due chili di zucchero, non potete mangiarla.

R È buonissima!

L … E poi sono stanco, dopo una giornata di lavoro… io dico che una piccola coccola a questo punto ci può anche stare…

R Zucchero, zucchero!

N Dài, su, siamo seri: glicemia, tessuto adiposo in accumulo, stress insulinico… No, la risposta è no.

R Zucchero, zucchero, zucchero!

L Magari solo un boccone, e poi – promesso – da domani facciamo i bravi, eh? Solo un boccone?

N Solo un boccone, okay. Ma da domani facciamo i bravi.


NOTA

Questo dialogo è un po’ come quello sulle flessioni, e riguarda le motivazioni che ci forniamo… per farci male. E dovrebbe indurci a riflettere anche su un altro aspetto importante: non possiamo risolvere con la ragione i nostri problemi emotivi. “Il cuore” diceva Pascal “ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.” Ebbene, così è: il cervello inconscio ha le sue ragioni, che la ragione non conosce. Se vogliamo davvero liberarci di quella fetta di torta, dobbiamo prima di tutto liberarci del bisogno di quella fetta di torta.


AL CINEMA


N Mah, non sono tanto convinta…

R È primo in classifica!

N Che c’entra? Io non sono convinta…

R Fidati, segui la maggioranza, se in tanti lo hanno visto un motivo ci sarà!

L Magari ci divertiamo… e trascorriamo una buona serata, eh?

N Dite?

R È primo in classifica!

L … E poi di sicuro è divertente, guardate quante recensioni bellissime!

R È primo in classifica!

N Okay, ma se non mi piace poi facciamo i conti!


NOTA

La trappola della riprova sociale, per cui tendiamo a uniformare le nostre decisioni a quelle degli altri, è ineliminabile. Come ho detto, siamo esseri umani e progettati per seguire il gregge (anche tu che ora pensi: “Io no, io non seguo il gregge” sei progettato per farlo e, se magari non lo fai perché pensi di essere originale, ti assicuro che in caso di emergenza seguiresti il gregge pure tu). A volte va bene, a volte no, come quando, per seguire il gregge, compriamo cose che non ci servono e facciamo cose di cui ci pentiamo. Ecco, da questo punto di vista il mio lavoro è simile a quello dello scienziato. Come sostiene il professor Giorgio Vallortigara, il compito della scienza è descrittivo, non prescrittivo; così è il mio compito con le parole: ti dico come funzionano, poi fai tu quel che ritieni giusto. Vuoi comunque andare a vedere quel film? Benissimo. Almeno, però, chiediti: se non fossi a conoscenza di tutti quelli che ci sono andati, andresti lo stesso? Potresti scoprire che, seguendo il corso dei tuoi pensieri, puoi guadagnare una serata tranquilla in casa tua a fare quello che ti piace e non quello che credi dovrebbe piacerti solo perché piace agli altri.



IL CONSULENTE ASSICURATIVO

R Non fidatevi, non fidatevi, non fidatevi!
N E perché? Le condizioni mi sembrano ragionevoli.
R Sì, lo so, ma non fidatevi.
N Perché? Non capisco! Sembra tutto a posto!
R E che ne so io, è l’istinto, non fidatevi!
L Sai che stavolta do ragione a N? È stato così carino, ci ha fatto i complimenti per la casa…
R HO DETTO DI NON FIDARVI!
L … Ci ha persino detto che anche lui ha un cucciolo come il nostro…
N E in più i conti sembrano a posto…
L … E poi è così rassicurante…
R Va bene, ma quando poi dovrete incassare il premio e vi diranno che ci sono diecimila spese e che se riprendete i soldi che avete investito siete fortunati, ricordatevi dei suoi complimenti, io me ne chiamo fuori!

NOTA
Siamo stati tutti bambini (persino io, anche se non me lo ricordo). E tutti siamo stati costretti più o meno dolcemente a dare il “bacino” all’amica di mamma o alla parente maleodorante, per non far fare brutta figura ai genitori. Il nostro istinto urlava: “Niente baci alla vecchia che sbava e con i baffi”, ma la mamma spingeva sulla schiena e diceva: “Dai il bacino alla zia”. Tu pensavi: “No, ha i baffi e puzza di morto”, ma la mamma insisteva e il bacio arrivava. Ecco, parte tutto da quei baci che non avremmo voluto dare (istinto) e dalla costrizione a darli lo stesso (violazione dell’istinto). L’istinto, ci mancherebbe, non sempre ci azzecca: se stiamo male o abbiamo cattive idee in testa, l’istinto può portarci fuori strada. Ma se i numeri ci incantano e la sensazione ci dice di scappare… ecco, almeno una riflessione extra facciamola, che non si sa mai.

L’AMICA LAGNOSA


R Oddio, ecco, ci risiamo, ricomincia con le solite lamentele. Vattene via!

L Ma poverina! Fa così evidentemente perché ha bisogno di amore e comprensione…

R Chissenefrega! Siamo stati progettati per stare lontano da chi si lagna sempre, è anti-evolutivo. Via!

N Voi due, mettetevi d’accordo, troviamo un logico compromesso, okay?

L Sì, va bene, potremmo ascoltarla solo ancora un po’, eh?

R Niente compromessi, via!

N Io so che comunque è giusto permettere a un’amica di sfogarsi…

L Poverina…

R Via! Via! Via!

N Magari le spieghiamo un paio di cose, okay? Che lamentarsi fa male a lei e a chi ascolta i lamenti.

R Però se non capisce, via!

L Magari diamole un po’ di tempo…

R Via! Poi, fate come volete. Ma non dite che non vi avevo avvisato.

NOTA

Questo discorso di solito, sui social, attira le ire di qualcuno (poche persone, a dire il vero) che se la piglia se dico che è meglio circondarsi di persone contente. Iniziano, queste persone, con pistolotti lunghissimi su quanto io non mi debba permettere di affermare una cosa del genere, che ognuno ha diritto di stare come vuole eccetera eccetera. Tutto vero. Il ragionamento, che ovviamente vuole essere solo fonte di ispirazione e non è certo un diktat cui ottemperare senza le opportune riflessioni, mira a sottolineare che la qualità della nostra vita è determinata anche dalle persone che frequentiamo (tema su cui mi sono soffermato spesso nel corso del libro). Se gli amici si lamentano con te è normale, è giusto, è persino bello. Ed è bellissimo poter offrire loro il tuo aiuto, prodigarsi in consigli di qualsiasi genere. L’importante – questo è il senso del ragionamento – è mettere un freno a queste prassi, altrimenti rischi di trascorrere la vita a tentare di lenire piaghe di persone che tutto sommato non vogliono essere guarite, ma solo sfruttarti come sacco da boxe con il quale sfogare le proprie frustrazioni.



IL TELEVISORE GRANDE

R Ma… ma… ma è ENORME! Compriamolo!
N Ferma tutto. Carta di credito esaurita. Niente rate.
R È enorme! Compriamolo!
N Guarda, io capisco che tu voglia sublimare il complesso del pene piccolo o della tua frustrazione professionale con l’acquisto di questo meraviglioso oggetto, ma davvero fai due conti: non possiamo aggiungere altre rate!
L Riuscite a immaginare le serate sul divano? Come si vedrebbe la partita? Eh?
R È enorme! Compriamolo!
N Ho detto di no, troppe rate in corso.
L Di certo, tutti gli amici ci invidierebbero… saremmo quello che ce l’ha più grosso…
N In effetti, adesso che considero le dimensioni dell’attuale apparecchio, noto che potrebbe essere migliorato…
L Noi, divano, amici che ci invidiano. Eh?
R È enorme! Compriamolo!
N Fatemi fare due conti, forse con una rata in più ci possiamo anche stare. Chiamate un commesso, subito!

NOTA
Dialogo semiserio che tuttavia ci permette di affrontare un tema delicato: non compriamo mai oggetti, compriamo il bisogno che essi soddisfano. Il che va bene, s’intende. Io stesso acquisto beni di cui non ho reale bisogno, pagandoli spesso cifre che non corrispondono al loro valore intrinseco. E va benissimo così. Come sempre, la cosa importante è che non diventi una sublimazione, ovvero l’atteggiamento di chi invece di risolvere i proprio problemi si sfoga in questo modo, poiché si tratta di sfoghi che generano circoli viziosi. Quando sarà abbastanza grande, quel televisore?

IL VENERDÌ NERO


R Venerdì nero? Nero? Oddio, che succede?

L Cavolo, siamo in pericolo, io faccio subito produrre adrenalina e cortisolo, così siamo pronti!

N Suvvia, io credo proprio che sia un modo di dire: è marketing.

R Nero? Eh no, qui c’è aria di crisi, io mi ricordo che quando c’era il venerdì nero tutti erano poveri, qui si avvicina la carestia!

L Cortisolo! Adrenalina! Avanti! Due litri almeno!

N Io ritengo che probabilmente avremmo potuto scegliere parole migliori, dal momento che il nostro vocabolario è davvero ampio…

R Nero? Crisi? Paura? Amico ipotalamo, vai subito di cortisolo!

L Sììì, inizio subito con la produzione!

N Io credo che sia solo un modo di dire…

R Quello che non afferri, cara la mia necorteccia, è che io i modi di dire non li capisco proprio. Io ascolto e leggo tutto in modo letterale.

L E io faccio quello che mi dice l’amigdala, sapientona.

N Fate voi. Io dico però che avremmo potuto usare parole diverse. Perché più parole hai, più libero sei.


NOTA

Qualcuno dirà che sono troppo ossessivo con questa storia delle parole. Io penso di essere solo molto attento. Già la vita è impegnativa, già dobbiamo tutti i giorni fare del nostro meglio per districarci in scenari che spaziano da crisi mondiali a crisi di governi vari a virus che se ne vanno in giro per il pianeta. Ci manca pure essere circondati da un pessimo marketing che divulga parole di cui possiamo fare a meno. Perché se oggi è il venerdì nero, domani è il Blue Monday (il giorno più triste dell’anno, secondo la bufala che qualcuno si diverte a divulgare), e poi ci sarà il martedì depresso, il mercoledì dello schifo, e dopo? Sì, sono esagerato. È anche vero che conosco bene le parole. Le conosco abbastanza per prenderle sempre molto sul serio.


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Il modello dei tre cervelli di Paul MacLean è stato modificato da recenti ricerche e, come si è detto, sappiamo che nella testa non abbiamo proprio tre cervelli separati e autonomi. Al tempo stesso, questa schematizzazione è molto utile dal punto di vista didattico, in quanto permette di esemplificare moltissimo la questione e, soprattutto per quel che mi riguarda, di dare un volto alle voci che animano sovente il nostro dialogo interiore.

Dei tre cervelli e delle più efficaci strategie linguistiche ho già ampiamente scritto altrove. Qui, ho immaginato, calati in situazioni di vita quotidiana, una serie di dialoghi fra questi tre simpatici personaggi che vivono nella nostra testa, convinto del fatto che, nella consapevolezza di quel che ci capita quando pensiamo, riusciamo a diventare noi gli artefici dei nostri dialoghi interiori, invece di subirli passivamente.

L’atto di scrivere i nostri dialoghi, infine, tema di questa Appendice, permette di diventare letteralmente gli autori della nostra vita. I numerosi clienti che, dopo aver conosciuto questo approccio in aula o dopo la lettura dei miei precedenti libri ne hanno applicato le regole, dichiarano di aver ottenuto incredibili benefici nella loro vita privata e professionale.

A me piace pensare che si tratti di un vero e proprio manuale di istruzioni per la lettura del nostro cervello, utile perché, quando conosci come funziona qualcosa, puoi farla funzionare meglio.





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