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ZeRo Metodo - Vol. 1 - (Anteprima Primo Capitolo)


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CAP. 1 - L'INCONTRO


"L'unica cosa che brucia all'inferno è la parte di te che non lasci andare..." - Meister Eckhart


***


Francesco poteva ancora sentire la pioggia dall'interno del bar. Quel suono cadenzato sembrava il rumore del liquido che aveva appena bevuto.
"Individua l'uomo con il cappello bianco e la maglia nera, con al centro un simbolo orientale" - era ciò che c'era scritto nella email che Francesco aveva ricevuto qualche giorno prima.
Di persone col cappello ne aveva viste un paio, ma soltanto una persona indossava la maglia con un cerchio bianco, dai contorni sfumati. Doveva essere per forza lui.
Si alzò dal suo tavolo e si avvicinò a quel misterioso individuo.
Gli sguardi si incrociarono.
- "Ehi" - disse Francesco, "Tu sei quello del manifesto?"
L'uomo lo fissò per qualche secondo. Nei suoi occhi non si intravedeva quasi nulla, come se fosse un banco di nebbia che eludeva qualunque punto di riferimento. In questo caso eludeva ogni tipo di riferimento personale.
- "Si", rispose l'uomo, senza aggiungere altro.
 Dopo una breve pausa, lo straniero continuò: "Francesco? Francesco Vivanco?".
- "Esatto, sono io".
- "Bene, siediti per favore..."
Francesco si sedette. Si aspettava una normale conversazione da bar: qualche frase fatta sul clima, su come aveva trascorso la giornata, sullo sport o sulla politica. Ma non avvenne nulla di ciò. Quella non era una normale conversazione da bar, con un normale individuo, in una situazione di normale vita quotidiana.
Dall'altra parte del tavolino c'era soltanto un volto umano, ricoperto da un manto silenzioso.
Per fortuna un cameriere passò di lì, e nel prendere le ordinazioni ruppe involontariamente quel silenzio imbarazzante - imbarazzante per Francesco.
Francesco cercò di scrutare attraverso quegli occhi di ghiaccio, ma non poté penetrare a fondo. Là dentro, in mezzo a quella nebbia umana, sembrava non esserci niente. O meglio, dietro quegli occhi non c'era nessuno. Potevano essere gli occhi di un malvivente oppure gli occhi di un benefattore. Di fronte a lui poteva celarsi il suo peggior nemico o il suo miglior amico.
La sua etnia sembrava sudamericana, eppure non aveva nulla della cultura sudamericana: non era un tipo solare e neppure socievole; non era di molte parole; i suoi occhi non manifestavano alcuna emozione; come se non bastasse indossava una strana maglia su cui veniva rappresentato un insignificante cerchio, una specie di zero sbiadito.
Francesco non era un esperto di simbologia ma quel cerchio gli ricordò qualcosa di tipicamente orientale.
Fissò la maglia e disse: "Quello deve essere il simbolo taoista, Yin/Yang, giusto?"
- "Sbagliato" - rispose l'altro, "Si tratta di un simbolo Zen. Ma al momento non siamo qui per questo".
- “D'accordo, e per cosa siamo qui?"
Mentre Francesco attendeva la risposta di quell'uomo, tirò fuori una busta con 500 dollari e la consegnò a quel tizio.
Il tizio prese i soldi con noncuranza, senza neppure contarli, e poi bisbigliò:
- "Perché siamo qui? Questo me lo devi dire tu, caro Francesco..."
Ma Francesco non sapeva di preciso il motivo che lo spinse a concordare quell'incontro, pertanto la miglior risposta fu il silenzio.
Mentre il salone del bar era impregnato da un'atmosfera ridanciana, caotica, rumorosa, la mente di Francesco era diventata silenziosa, troppo silenziosa per i gusti di Francesco...
Francesco, in effetti, non era sicuro di sapere il motivo di questo incontro.
Incontrare un perfetto sconosciuto, nella sua situazione, con tutti i casini in cui si trovava, non era proprio la miglior soluzione ai suoi problemi. Se a questo ci vogliamo aggiungere che da lì a poco avrebbe dovuto stringere un accordo con questo perfetto, misterioso, ambiguo, impassibile sconosciuto, allora possiamo asserire senza indugio che Francesco stava giocando d'azzardo con la propria vita.
Stringere improvvisamente un accordo, senza alcuna ragione plausibile alla mente di un normale essere umano, era un comportamento a dir poco irrazionale. 
O forse no?
Forse quello irrazionale era il comune essere umano, uno scimmiotto depilato che si crede in cima alla piramide alimentare, mentre nei fatti si tratta solo di un minuscolo anello all'interno di un'infinita catena. Una catena fatta di regole, principi, elementi che trascendono la meschina mentalità dell'uomo comune. In tal caso la scelta irrazionale di Francesco era dettata da un impulso che oltrepassava la ristretta razionalità a cui erano abituati i suoi amici. Forse Francesco ha assecondato l'impulso corretto, e ad ogni modo quello era l'unico impulso che sentiva dentro di sé da troppo tempo; non poteva più ignorarlo, insabbiarlo, negarlo.
Ma cari lettori, prima di proseguire facciamo un passo indietro.

***

Chi era Francesco?
Francesco, esteriormente, era un ragazzo come un altro: un giovanotto sulla trentina, fidanzato, apparentemente fiero del suo lavoro, apparentemente appagato. 
Insomma, Francesco era un uomo apparentemente felice della sua vita.
Ma questo valeva solo esteriormente.
Interiormente Francesco non era affatto appagato: non gli piaceva l'idea di una relazione stabile, non si sentiva fiero del suo lavoro, non apprezzava la sua compagnia abituale, non comprendeva il senso della sua vita. Anzi, non comprendeva il senso della vita in generale.
Per compensare questa dissonanza cognitiva cercava conforto nell'alcol, nella droga, nel sesso. 
Ma la dissonanza persisteva.
Nessuna droga al mondo poteva cancellare il senso di profondo disagio che covava dentro di sé da anni.
Nessuna scopata, neppure quella con il miglior partner al mondo, poteva colmare il senso di vuoto, una specie di voragine che lo divorava dall'interno come un gigantesco buco nero.
Qualcuno gli aveva parlato di una terza opzione. Alcuni dei suoi conoscenti chiamavano questa opzione con il termine di spiritualità. Ma cosa intendevano di preciso non si sa. Spiritualità, per Francesco, era un termine troppo vago per poter offrire una soluzione concreta al suo dilemma esistenziale. 
Se l'opzione suggerita dai suoi amici consisteva nella metafisica o nell'esoterismo, era un percorso troppo filosofico e astratto per i suoi gusti. 
Se invece si trattava di auto-aiuto, terapia, crescita personale, e tutte queste menate qua, tanto valeva aiutarsi con una bella scopata oppure con una bella dose di bamba (per gli amici coca).
No, quella non poteva essere l'ultima opzione a sua disposizione. E infatti non era la sua ultima opzione.
Un giorno, mentre passeggiava per un viale alberato, trovò un volantino enigmatico, un poster appiccicato proprio sotto casa sua.
Il poster era intitolato "Zero Metodo".
La dicitura sottostante recitava uno slogan che puzzava di new age.
Nella prima parte dello slogan c'era scritto: azzera i tuoi problemi, azzera le tue paure, azzera le tue illusioni.
Ma ciò che attirò l'attenzione di Francesco fu la seconda parte dello slogan: AZZERA IL TUO FOTTUTO EGO, AZZERA LA TUA FOTTUTA TESTA DI CAZZO.
La seconda parte dello slogan non era la tipica frase new age che aveva letto in molti libri. Non conteneva nulla di sdolcinato, romantico, religioso.
Tra tutti i poster che c'erano per strada, lui scelse quello. Evidentemente era destinato a trovare quell'annuncio. Anzi era destinato a contattare l'autore di quel metodo. 
Prese la decisione irrevocabile di contattarlo. In fondo doveva trattarsi di qualcuno che aveva una mentalità affine a quella di Francesco.
Nessun pensiero positivo, nessuna promessa paradisiaca, nessun palliativo, nessun intervento divino. Soltanto un invito impersonale, spietato, diretto ad azzerare la propria testa di cazzo, e questo linguaggio crudo - per Francesco - era indice di autenticità.
Quelle parole rimbombavano nella sua testa: azzera la tua fottuta testa di cazzo... azzera la tua fottuta testa di cazz... azzera...
L'impulso ad azzerare la propria testa di cazzo prese il sopravvento. Stando al poster, l'azzeramento del proprio ego comportava l'azzeramento dei suoi problemi, delle sue paure, delle sue illusioni.
In fondo -  si chiedeva Francesco - cosa ci sarebbe da perdere, a parte la mia fottuta testa di cazzo?
Ed è così che si decise a contattare l'autore di quel volantino, trovandosi successivamente in quel bar, di fronte a quell'inquietante individuo, il fautore del Metodo Zero.
Chissà quale livello evolutivo avrebbe potuto raggiungere con quel metodo?
Chissà quali progressi avrebbe potuto compiere Francesco sottoponendosi a quel misterioso trattamento di azzeramento psicologico?
Si aspettava grandi cambiamenti, miglioramenti, trasformazioni.
Quel che però Francesco non sapeva è che il punto di arrivo di quel percorso coincideva con il punto di partenza: il punto zero.
Il progresso sarebbe stato percepito dal suo ego come regresso.
Il guadagno sarebbe stato etichettato dalla sua mente come una perdita.
Insomma, quel metodo ribaltava, capovolgeva, stravolgeva tutto ciò che frullava nella mente di Francesco - o nella mente di qualunque altro individuo.

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