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L'ALCHIMIA nella METAMORFOSI (Simbolismo dell'ASINO d'ORO di Apuleio)

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  Le Metamorfosi, più noto come L'asino d'oro di Apuleio, racconta le avventure di Lucio, trasformato in asino e ridiventato uomo, in un'altalena di digressioni e di favole milesie. 

    Lucio, rampollo di nobile famiglia greca si reca per affari in Tessaglia, terra di arti magiche, ospite del ricco usuraio Milone. Saputo che la moglie è una strega provetta, capace delle più straordinarie trasformazioni, più che mai smanioso di assistere a prodigi magici, convince Fotide, l'ancella con la quale trascorre amabilmente le notti, a sottrarre alla padrona un miracoloso unguento che trasforma in uccello. Lucio lo prova, ma, ahimè, l'ancella confonde le ampolle e Lucio si trasforma in asino.    Mancano in quel momento le rose per invertire la trasformazione e caso vuole che proprio quella notte una masnada di ladroni assalga la casa, portandosi via l'asino con il bottino.

La vicenda volge al meglio e nella grotta in cui viene custodito insieme ad una fanciulla rapita, sente narrare la storia di Amore e Psiche, una vicenda molto simile alla sua, che lo aiuta a capire che la curiosità ha malauguratamente colpito anche altri mortali. Psiche infatti, perde l'amore del dio Eros, solo per mera curiosità e per riaverlo deve affrontare diverse prove, come espiazione della colpa commessa.


Dopo altre avventure, tra le quali un rapporto sessuale con un umana, eroticamente affrescato insieme alle altre vicende, si trova sconfitto sulla spiaggia di Cancree, sulla quale, al plenilunio, lo viene a trovare in sogno la dea Iside, che lo conforta indicandogli l'antidoto, ossia delle semplici rose!
Il giorno dopo incontra una processione dedicata alla dea egizia dove trova le rose magiche e, dopo essere ritornato in forma umana, come forma di riconoscenza decide di essere iniziato ai misteri di Iside e Osiride. Un chiaro riferimento ai rituali iniziatici della Massoneria. 

   Scontato l'errore della sua curiosità e sventatezza giovanili, Lucio può intraprendere la carriera di retore e sacerdote della dea.


 

   Dal suo triste passato Lucio ha tratto un grande vantaggio: protetto dalla pelle d'asino ha potuto contemplare da vicino gli uomini e le loro passioni.


   La figura di Lucio-asino, come osservatore non visto della vita altrui, l'originale impiego del cronotopo d'avventura, il realismo e le note di costume fanno dell'Asino d'oro un passaggio ineludibile nella storia della linea pluridiscorsiva del romanzo moderno.

Abbiamo nela racconto dell'Asino d'oro i principali elementi di alchimia e dei rituali massonici: la trasformazione, Iside, le rose.
Quando l'anima dell'uomo viene al mondo, è in realtà avvolta in un involucro primordiale, bestiale, rappresentato dal protagonista e dalla sua trasformazione in asino. Le sue peripezie, avventure, disavventure, lo portano ad una crescita interiore e ad una ricerca di quella pietra filosofale (non a caso identificata con la rosa) che gli permetterà di ritrovare la sua forma "umana" reale, solo dopo una trasformazione. Ecco che l'uomo da corruttibile - piombo - si trasforma in incorruttibile, eterno - oro, asino d'oro. L'anima da mortale (asino) diventa immortale (uomo), altri non è che la visione metaforica di quello che ricercavano gli alchimisti, ovvero la trasformazione del piombo in oro. Laddove si fosse riuscito materialmente a realizzare un esperimento simile, si sarebbe certamente riusciti a farlo anche con il corpo umano, trasformandolo da corpo corruttibile mortale, in incorruttibile, immortale. Tutto ciò viene insegnato dagli antichi misteri di Iside e Osiride, a cui gli alchmisti erano tanto legati.
 


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Sul titolo Asinus Aureus: 
Probabilmente fu Sant'Agostino il primo a chiamarlo così, Asinus Aureus: L'Asino D'Oro. 
Il Santo africano si riferiva a quel giovane Lucio, alterego di Apuleio, che a causa di un'irresponsabile brama di conoscenza delle arti magiche, si trova a vivere una lunga serie di vicissitudini sotto forma di asino, concluse esclusivamente grazie all'intercessione della grande Dea Iside. 
Non si sa se dando al protagonista, e così al libro tutto, l'epiteto di “Aureus” il Sant’Agostino si riferisse alla natura magica dell'umile equino o volesse riconoscere all'opera di Apuleio un'eccelsa caratura letteraria e, dove certamente non religiosa, quantomeno morale...
Un altro fatto fondamentale alla base del testo è l’innesco narrativo, rappresentato dalla trasformazione in asino del giovane Lucio, che costituisce un vero e proprio contrappasso per la sua superbia e per la sua sacrilega curiosità. 
Si tratta certemente di un espediente originale e grottesco, ma difficilmente se ne sarebbe trovato un altro tanto appropriato: lui che si spacciava per essere d'alto lignaggio e particolarmente acculturato diventa l'asino, animale umile e sciocco per antonomasia.


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Sull'Autore, Lucio Apuleio:
Nonostante la grande fama che godette fin da vivo le notizie sulla vita di Apuleio sono poche, poco certe, e provengono per lo più dalle sue opere. Nato all'incirca nel 125 d.C. a Madaura, nell'odierna Algeria, da una famiglia particolarmente ricca, di lui si sa che fu uno degli uomini più colti e illustri del suo tempo, attivo in ogni campo del sapere, dalla letteratura alla matematica dalla filosofia alla musica, instancabile viaggiatore e prolifico autore, medico, avvocato, mago. Oltre alla sua prima istruzione di stampo platonico, durante tutta la sua vita Apuleio esplorava avidamente ogni tipo di dottrina intellettuale e spirtuale, cosa che lo portò a venire iniziato a varie religioni misteriche, di cui ci rimane traccia anche nella trama del romanzo di cui parliamo. 

Oltre a Le Metamorfosi, infatti, ci sono arrivati i Florida, una raccolta di brani di vario argomento estratti dalle sue conferenze fatte in giro per l'Impero Romano, in cui egli da sfoggio delle sue doti di retore e oratore, fra tutte le sue virtù quelle che forse gli hanno reso maggior prestigio in vita.
Altra opera conservata è la famosa Apologia, detto anche il De Magia. Si tratta di una rielaborazione letteraria dell'arringa che egli dovette pronunciare in propria difesa durante un processo intentatogli a Oea (odierna Tripoli) e tenutosi a Sabratha. Accadde infatti che Apuleio, sposatosi controvoglia sotto consiglio di un amico con una donna particolarmente ricca e invaghita di lui, si trovò contro i parenti di lei che l'accusavano di sortilegio nei confronti della matrona. Data la già allora antica lex Cornelia de sicariis et veneficis, che puniva i malefici e gli avvelenamenti, se fosse stato accertato l’uso di un qualche filtro d’amore, Apuleio sarebbe stato condannato a morte. Per difendersi dall’accusa e allo stesso tempo rendere merito alle scienze occulte che egli ammetteva di praticare, nel De Magia Apuleio espone un’originale suddivisione all’interno delle arti magiche, ponendo le basi per quella distinzione che a tutt’ora nell’immaginario collettivo, pur con differenze, persiste: quella fra Magia Bianca e Magia Nera. Egli distingue la magia buona dei filosofi, che cercano il contatto con il soprannaturale per parteciparvi attraverso lo spirito, che trova in lui un praticante, e la magia cattiva degli stregoni, che il soprannaturale lo sfruttano per scopi mondani, che egli condanna. Non si sa come terminò il processo, ma gli storici sono concordi nel propendere per una completa assoluzione.
    La causa non intaccò per nulla la popolarità di Apuleio, semmai la accrebbe: a lui vennero dedicate statue in molte città, tra cui la grande Cartagine, capitale della provincia romana della Numidia, dove si stabilì per lungo periodo
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Aforismi di Apuleio:


Per vivere, proprio come per nuotare, va meglio chi è più privo di pesi, ché anche nella tempesta della vita umana le cose leggiere servono a sostenere, quelle pesanti a far affondare. 


Chi di noi ha meno bisogni è più simile a un dio.

Nessuno di noi è povero se non desidera il superfluo e possiede il necessario, che per natura è assai poco.

Le ricchezze spropositate sono come un timone smisurato fuor del normale, che fa affondare meglio che servir a dirigere, perché sono inutilmente abbondanti e dannosamente eccessive.


La demenza non può riconoscere sé stessa, nello stesso modo con cui la cecità non può vedersi.


Ha di più chi meno cose rimpiange, e chi ne vuole pochissime avrà tutto quel che vuole.


Non bisogna [...] star a guardare dove uno è nato, ma come egli è costumato, né si deve considerare in quale frontiera ma in quale maniera uno ha iniziato la sua vita.


L'amore, acquistando ogni giorno nuovo vigore, fa sembrare di facile attuazione ciò che sul momento si giudica difficile ad ottenere.  

In tutti gli strumenti con cui si adempiono i compiti della vita tutto ciò che supera un'idonea moderazione diventa un di più che pesa invece che servire. 

La povertà è sempre stata di casa con la filosofia: è onesta, moderata, padrona di poco, desiderosa di approvazione, è un bene sicuro rispetto alle ricchezze; non si preoccupa mai delle apparenze, è di modi semplici, benevola quando dà consigli, non istiga mai alcuno alla superbia, non riduce mai alcuno al male per la sua sfrenatezza, mai rende bestiali con la sua tirrannia, non vuole, né può, tutti i piaceri del ventre e del sesso.

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Simbologia:
 presso l'asino i Caldei era messaggero di morte, la divinità che vi si presiedeva si manifestava inginocchiata su un asino; 

i Greci lo collegavano a Saturno, in relazione con la materia, la terra, l'isolamento, la fine delle cose; godeva di venerazione perchè considerato coraggioso e lo attribuivano anche al dio Marte e a Dioniso.

L'asino potrebbe essere -simbolicamente parlando- la metafora impiegata per  indicare la materia grezza, ciò che deve subire un graduale processo di trasformazione affinchè si possa 'levigare', ovvero portare ad un livello di conoscenza (coscienza) Superiore.
In poche parole, l'asino è l'allegoria di un rivestimento per qualcosa che attende di essere portato in superficie, che giace nascosto come i minerali nelle viscere della terra, come la sapienza celata, come il nostro Fuoco interiore. 

Ricordiamo la favola 'Pelle d'Asino', penso, no? La meravigliosa Fanciulla (principessa) è nascosta sotto le spoglie di un disprezzabile asino... Allo stesso modo la nostra Pietra Filosofale, è celata nella materia prima grezza, vile, chiamata con i nomi più degradanti che abbiamo visto parlando del linguaggio dell'Alchimia.



Gesù non entra forse in Gerusalemme su un puledro d'asino?  (il figlio della scienza custodita: rivelazione).



Nella fiaba Allegorica Pinocchio, celeberrima, il burattino più famoso del mondo viene trasformato in asino e venduto al circo, dove dovette imparare a fare 'salti' e 'danze'di ogni tipo per far arricchire il proprietario.
Sappiamo che Pinocchio alla fine ottiene la sua 'trasformazione'...



Nella Rocca dei Rossi a San Secondo (PR) (i Rossi erano imparentati con i dè Medici e i Gonzaga) vi è la Sala dell'Asino d'oro, originale e  unica rappresentazione a fresco(1530 circa) dell'ominomo romanzo di Apuleio (17 quadri).

Per concludere questo breve studio conoscitivo della simbologia incarnata dal nostro asino,  come non provare tenerezza ricordando l'infanzia,quando aspettavamo Santa Lucia (1) che arrivava con i suoi doni in groppa al suo asinello? Lasciavamo il pane e l'acqua sul tavolo di cucina, perchè il povero ciuchino si ristorasse una volta che ci aveva lasciato i regali tanto attesi, doveva fare un giro lunghissimo...!



Una funzione più onorevole sembra venire nei tempi moderni per l'asino:quella della cosiddetta 'Pet-teraphy' cioè la terapia con gli animali,e nella fattispecie con il nostro simpatico quadrupede



Sulla dottrina dell'Asinità scrisse anche Giordano Bruno e/o i suoi revisori ->


M. CILIBERTO, Asini e pedanti. Ricerche su Giordano Bruno, in «Rinascimento», II s., XXIV, 1984, pp. 81-121 (con un'Appendice sui rapporti tra Bruno e Lutero).  

  N. ORDINE, Simbologia dell'asino. A proposito di due recenti edizioniin «Giornale storico della letteratura italiana», CLXI, 1984, pp. 116-130.  

  N. ORDINE, Giordano Bruno et l' âne, une satire philosophique à double face, in M. T. Jones Davies (a cura di), La satire au temps de la Renaissance, Paris 1986,pp. 203-221.  


N. ORDINE, La Cabala dell'asino. Asinità e conoscenza in Giordano Bruno, Napoli 1987.



Fonti:

http://www.adrianopiacentini.it/Apuleio.htm
http://www.luoghimisteriosi.it/emilia_secondo.html
http://www.duepassinelmistero.com/Significato%20esoterico%20dell%27Asino.htm
http://www.ilsalicenarrante.it/rubriche/la-biblioteca-di-florianopolis.aspx

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