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“ Il legame è una conoscenza (limitata) La conoscenza (limitata) è il legame”






“ Il legame è una conoscenza (limitata)
La conoscenza (limitata)è il legame”

Stanza n.2 degli Shivasutra- dalla traduzione in francese di Lilian Silburn
http://a.mytrend.it/al/-0001/11/335588/o.40666.jpg 

di N. Delay
Una via spirituale tradizionale e autentica è una via di conoscenza ma non nel senso abituale del termine. In generale quando usiamo il termine conoscenza è per descrivere l’operazione della nostra mente che vuole collezionare informazioni sempre più precise sul tema che le interessa. In questo modo di affrontare la conoscenza la nostra mente è tesa verso l’ obiettivo di accumulare il maggior numero di informazioni possibili per poter elaborare concetti e formarsi delle certezze, operazione quest’ultima alla quale è particolarmente affezionato. Del resto questa è la sua funzione naturale. Il problema è che ci attacchiamo tanto a questi punti di vista concettuali e non li lasciamo sparire dopo averli formulati. Così finiscono per formare una sorta di trama complessa che agisce come un filtro e, senza che ce ne rendiamo conto, si interpone sempre di più tra la realtà di un avvenimento e la nostra percezione impoverendo la nostra visione per la sua tendenza a ridurla ad un discorso. E poiché la nostra mente è iperattiva ed estremamente abituata a saltare da un concetto all’altro, da una certezza all’altra, la trama che tesserà diventerà più densa, rendendo il filtro sempre più opaco. Il suo potere d’interferenza diventa così forte che viviamo la più parte del tempo al livello superficiale del nostro discorso sul mondo. Siamo tagliati fuori dalla realtà, in poche parole non sappiamo più guardare il mondo. Lo pensiamo. Il nostro sguardo diventa grossolano, ripetitivo e monotono perché è invaso dal nostro discorso.

E’ perciò che siamo costretti ad essere alla ricerca continua di nuovi orizzonti. Avendo perso l’accesso alla realtà ci ritroviamo in uno stato di disidratazione e di noia nel quale ci sentiamo sempre meno vivi. Crediamo che più sapere, più scoperte colmeranno la sensazione che ci manchi qualcosa di fondamentale per gustare la fortuna della vita. Questo però non fa che allontanarci sempre più dalla nostra verità e da ciò che cerchiamo veramente dentro di noi quando ci perdiamo in una ricerca esterna. Il nostro slancio naturale verso la felicità è stato dirottato e si è diretto verso l’acquisizione di oggetti esterni che ci incatenano ad una ricerca incessante, quasi ossessionata dalle novità.
Nessuno ci ha mai insegnato come andare in un'altra direzione, verso l’interiorità. Fin dall’infanzia ci allontanano sempre più dalla nostra verità. E gli adulti ragionevoli che ci circondano ci chiedono di ingoiare tonnellate di informazioni facendoci credere che rappresentino la realtà assoluta. Danno troppo poca importanza e spazio alla sperimentazione diretta, all’intuizione, alla fantasticheria e alla noia. Quando un bambino è in contatto con la sua fonte, radioso, silenzioso e connesso, lo si distoglie violentemente da questo stato dicendogli che sta sognando. Deve essere attivo. L’ozio non è produttivo ed è sospetto. Potrebbe aprire furtivamente degli spazi in cui il bambino potrebbe avere un presentimento di essere altro dal sogno sociale al quale tutto l’ambiente circostante gli domanda di aderire. Bisogna colmare il tempo con delle attività, delle distrazioni. Soprattutto non lasciare spazio vuoto, spazio per la respirazione e la libertà.
Sulla via spirituale la conoscenza è una pausa in cui si osa rimanere nudi di fronte a ciò che c’è senza cercare altro. Si osa aprire gli occhi, ascoltare, toccare, sentire ciò che c’è, alla portata di mano, sotto i nostri occhi ad ogni istante. Ma noi abbiamo l’abitudine di dirigerci al nostro esterno.
Così affrontiamo la ricerca spirituale con lo stesso movimento avido di apprensione verso oggetti esterni. Ci sbagliamo pensando che anche qui si tratti di acquisire informazioni, di costruirsi una nuova panoplia di concetti. Siamo di nuovo piegati dalle nostre idee che deformeranno le nostre esperienze mistiche per convalidare i nostri nuovi ideali e contribuire a consolidarli. Alla fine sperimentiamo ciò che sappiamo ciò in cui crediamo.
Le nostre esperienze sono sempre più fabbricate e diventano ripetitive e grossolane. Hanno avuto l’inizio spontaneo e folgorante ma il nostro bisogno di scegliere e di immagazzinare ne ha rubato loro la freschezza, riducendole a pallide repliche.
La conoscenza in una via spirituale tradizionale e autentica corrisponde ad una inchiesta paziente e profonda, una osservazione raffinata, un interrogarsi onesto e preciso su tutto ciò che crediamo di sapere per arrivare ad una conoscenza di prima mano. E’ una comprensione diretta e fresca che si scopre all’istante e non proviene da nessun concetto.
Per accedere ad una tale conoscenza che rimane in uno stato di apertura è necessario interrogare continuamente le evidenze, tutto ciò che si prende come acquisito per scoprirne la realtà al di là di ogni sapere. E’ un esercizio da fare regolarmente per tutta la vita perché la nostra propensione a formare concetti è altissima. Possiamo iniziare ad esempio ponendoci la seguente domanda :< Cos’è il mio corpo?> e cercare di rispondere da soli senza riferimenti. Perché quando diciamo <mio corpo>, sappiamo veramente cos’è il nostro corpo al di fuori del concetto, dell’idea che ne abbiamo? La nostra idea “corpo” si è incarnata in sensazioni di densità in tensioni, rigidità . Queste sensazioni diverse sono chiaramente localizzate e definite e partecipano a credere nel corpo come ad un entità separata e autonoma sulla quale può facilmente farsi strada l’idea di essere una persona. Più ci focalizziamo su queste sensazioni di tensioni e di rigidità, più intratteniamo storie su di loro, più si intensifica l’identificazione. Perché ciò che la persona ama sono le sensazioni limitate, localizzabili, con le quali ci si può facilmente identificare. Un sentire preciso e rassicurante permette di convalidare l’impostura dell’ego che pensa di esistere come entità individuale. Ma se entriamo in contatto diretto e senza intenzione con la sensazione, questa si può dispiegare all’infinito Quando la lasciamo vivere dentro di noi senza prenderla personalmente senza commentarla né giudicarla, diventa una massa estesa che si dilata nello spazio. Una sensazione che perde il suo aspetto solido e rigido e diventa sempre più difficile da localizzare, da prendere per incollarle addosso una storia. L’impalcatura della nostra identificazione personale la cui stabilità è garantita da sensazioni rigide, comincia a vacillare. Ogni sensazione vissuta pienamente senza operazione di scelta personale agisce come una potente onda anti-urto che la fa vacillare. Sperimentiamo allora molto concretamente che quello che credevamo essere il nostro corpo è molto più vasto dell’idea che ne abbiamo. Scopriamo che il nostro corpo è difficile da localizzare una volta per tutte. Non può essere contenuto in un concetto invariabile perché è un insieme di sensazioni in movimento continuo. E’ un fremito che conosce delle onde di espansione e di retrazione , la cui intensità può espandersi all’infinito a volte in modo molto sottile, quasi impercettibile, a volte in modo molto intenso. E’ una sinfonia che si crea di momento in momento in accordo con le differenti correnti della vita, i diversi contatti. Lì si trova la realtà del corpo che non possiamo più racchiudere in un concetto, che non possiamo più definire come un oggetto separato dall’ambiente. Un corpo che non ha più una dimensione fissa di localizzazione rigida e che può inglobare l’universo.
Possiamo continuare l’inchiesta sulla nostra mente per scoprire in cosa consista il processo dei pensieri. La nostra prima scoperta sarà il ritmo infernale dei pensieri, l’aspetto isterico della nostra mente. Dopo questa prima constatazione percepiremo che i pensieri hanno qualità diverse. Ci sono i pensieri discorsivi e i pensieri funzionali. I pensieri nuovi e i pensieri ridondanti che si innestano nei primi, che si muovono in circolo e fanno rumore. I pensieri che portano al silenzio, che non lasciano tracce e i pensieri che portano ancora più pensieri. In questo processo di osservazione ha luogo una sorta di scollamento in cui ci identifichiamo sempre meno con i nostri pensieri. Un po’ alla volta perdono il potere di restringerci. Allora iniziamo a sentire che non siamo più ridotti alla cacofonia dei nostri pensieri, che siamo molto più vasti e silenziosi di quei milioni di pensieri che ci attraversano di continuo durante tutto il giorno. Per arrivare all’intuizione folgorante che noi non siamo i nostri pensieri ma la fonte calma e indifferenziata in seno alla quale nascono tutti questi movimenti di pensiero.
Una delle osservazioni più potenti per lo scrollamento della sensazione egoica è l’attenzione al processo emotivo. In un atteggiamento di apertura totale dove non c’è obiettivo da raggiungere, nessuna intenzione di modificare nulla, nessuna volontà di interferire. Per permettere un’osservazione la meno personale possibile. Significa che l’attenzione non è posta a livello della storia legata all’emozione. Non si tratta di analizzare o di scoprire perché nasce quell’emozione . L’attenzione si sposta per situarsi a livello puramente sensoriale per essere in contatto con lo slancio puro dell’emozione, libero dalla storia personale, come se questo slancio non appartenesse a nessuno in particolare. Perchè per osservarlo veramente comprenderlo con la sperimentazione diretta dobbiamo fonderci con il movimento emotivo al punto da sparire come oggetto separato, La nostra conoscenza delle emozioni è limitata perché rimane a livello dell’analisi concettuale, Abbiamo tutta una valanga di teorie, di concetti su ogni tipo di emozione che non ci aiuta a viverle. Al contrario appesantiscono ed ostacolano lo slancio emotivo al punto di impedirgli di compiere il suo ciclo naturale. Abbiamo la brutta abitudine di pensare le nostre emozioni anziché di viverle. E ci sfugge la loro verità. Per scoprire la loro vera natura è necessario lasciarle vivere in noi senza interferenza volontaria per calmarle, ridurle, trasformarle o trascenderle. Un po’ alla volta l’intuizione che non siamo ridotti ad essere le nostre emozioni e che non abbiamo più bisogno di contrattare con loro sbloccherà la loro reale espressione.
Allora si riveleranno come uno slancio indifferenziato all’inizio, che freme, ci attraversa senza lasciare traccia .Nascono in fondo all’oceano e vi ritornano a morire per ridivenire il fondo indifferenziato. La nostra capacità di lasciarci attraversare con il minimo di resistenza conduce direttamente alla sensazione di secondo piano, alla fonte dove tutte le emozioni nascono e muoiono. Ci rivela la nostra verità essenziale, ciò che siamo al di là di ogni espressione particolare.
Con questa inchiesta paziente e precisa dove esploriamo la totalità di ciò che siamo e di ciò che ci attraversa, lentamente distruggeremo l’illusione che ci mantiene prigionieri di un sogno. Scopriremo che tutto ciò che credevamo di essere e con il quale ci siamo totalmente identificati, ebbene non lo siamo affatto. Noi siamo qualcosa di molto più vasto, indescrivibile, non oggettivabile, non caratterizzato. Scopriremo che il nostro stato naturale è silenzio, fremito e spazio.
La conoscenza su una via spirituale tradizionale e autentica è in effetti il riconoscimento di ciò che c’è da sempre sotto i nostri occhi, velato dalla nostra conoscenza limitata, dalla nostra esperienza limitata del tempo e dello spazio, dalla nostra esperienza individuale limitata, dal nostro limite nell’attaccamento.
Si tratta quindi di una conoscenza di prima mano, frutto di una sperimentazione diretta, di un contatto senza filtri concettuali con il reale. E’ un movimento di ritorno verso il cuore del nostro essere, nel “midollo del reale”, come dicono i maestri tantrici, per scoprire chi siamo realmente. Per fare ciò dovremo prendere consapevolezza delle innumerevoli storie che ci raccontiamo sulla nostra persona, il nostro corpo, le nostre emozioni. Dobbiamo affrontare i nostri attaccamenti. Osservare la natura del nostro desiderio che si restringe all’oggetto desiderato e si rompe drammaticamente su quest‘ultimo. Lo slancio del nostro desiderio invece, l’insieme dei desideri limitati è un desiderio senza limite per la totalità. Uno slancio naturale per l’assoluto che non vuole essere inghiottito da un oggetto, ma al contrario inglobarlo fino a farci dilatare nello spazio.
Una via tradizionale ci invita a lasciare che di dissolva l’involucro che ricopre il nucleo del nostro essere. Ci porta al denudamento dove osiamo abbandonare le nostre protezioni e difese per piombare senza remore e senza resistenza nella corrente della vita. E’ un faccia a faccia molto autentico con noi stessi, all’interno del quale non possiamo più recitare la commedia, né pretendere altro di quello che c’è. Non possiamo più nasconderci fuggire o negare ciò che c’è.
Ma quando osiamo guardare chiaramente come uno scienziato, cioè con l’ implicazione personale che passa in secondo piano, perché la passione di scoprire come funziona la fa passare in secondo piano, siamo presi dalla gioia della scoperta. E’ così interessante che tutti i nostri commenti personali i nostri giudizi, pregiudizi tutti spariscono immediatamente per lasciare posto all’intensità del contatto autentico con ciò che è. Vedere con chiarezza e autenticità come funzioniamo è talmente potente e appassionante che rapidamente, non possiamo più resistere . La nostra attenzione attratta dall’osservazione più che dalla storia scopre la ricchezza dell’istante banale.
Il virus del reale ci ha contaminati. Improvvisamente iniziamo a divenire sempre meno egocentrici, un po’ meno preoccupati della nostra piccola persona, ma piuttosto interessati alla realtà dell’avvenimento in sé , attenti alla varietà dei suoi sviluppi, all’incredibile ricchezza delle sue modalità.
Può essere sorprendente e sconcertante incontrare degli insegnamenti tradizionali che non ci chiedono di andare da nessuna parte. Ci propongono, al contrario, di rimanere qui con ciò che c’è, senza intenzione di modificarle di trasformare o di perfezionarlo in funzione di ideali o teorie.
Ci chiedono di abbandonare tutto il nostro sapere limitato, di fare il vuoto piuttosto che continuare ad accumulare e di osare rimanere in un assoluto “non so”, di lasciar cadere ad uno ad uno i filtri concettuali che opacizzano la nostra visione, fino a che questa diventa totalmente translucida e in perfetta unione con il reale. Perché la vera conoscenza non potrà mai essere conosciuta, può solamente essere vissuta. Ciò significa che non rimane più nessuno per affermare “io so qualcosa”, “io conosco qualcosa”, rimane solo l’evidenza assoluta di Essere la conoscenza. Impossibile dividere,. Noi viviamo un sapere indifferenziato che ingloba i contrari, gli opposti tutto il sapere particolare. Un sapere che non spezzetti più il mondo e non ci leghi più a nessuna conoscenza particolare.
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Fonte:  http://www.nathaliedelay.com/italiano/conoscenza.html

Commenti

Anonimo ha detto…
il riassunto dell' Ashtavakra Gita !
E' proprio così ...

carissimi saluti a Zewale e a tutti i lettori del blog

Alex

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