| CANTO PRIMO 
 I
 Era dal nulla uscito
 il tenebroso caos; massa difforme ...
 Al primo suon d' Onnipotente labbro
 pareva che partorito
 il disordine l'avesse, anziché fabbro
 stato ne fosse un Dio, tanto era informe;
 stavano inoperose il lui tutte le cose
 e senza spirito divisor confuso
 ogni elemento in lui stava racchiuso.
 
 II
 Oh, ... chi ridir potrebbe
 come si formò il Cielo, la Terra, il Mare,
 così leggeri in se stessi e vasti in mole?
 Chi può svelar com'ebbe
 Luce e moto lassù la Luna e il Sole;
 stato e forma quaggiù quanto ne appare;
 chi mai comprender come
 ogni cosa ebbe nome,
 spirito, quantità, legge e misura
 da questa massa inordinata e impura ?
 
 III
 
 Oh, del divino Hermes
 emuli figli, a cui l'arte paterna
 fà che natura appare senza alcun velo ...
 Voi soli, solo voi sapete
 come mai fabbricò la Terra ed il Cielo
 dall'indistinto caos la Mano eterna.
 La Grande Opera vostra chiaramente vi mostra
 che Dio nel modo stesso onde é prodotto
 il fisico elisir, compose il tutto.
 
 IV
 Ma di ritrar non voglio
 con debil penna un paragon sì vasto.
 Io, non esperto ancor figlio dell'Arte,
 se ben certo bersaglio
 scoprono al guardo mio le vostre carte,
 se ben mi é noto il provvido Illiasto,
 se ben non m'é nascosto
 il mirabil composto,
 per cui voi di potenza avete estratto
 la purità degli elementi in atto;
 
 V
 se ben da me s'intende
 che altro non é il vostro Mercurio ignoto
 che un vivo spirito universale innato
 che dal Sole discende,
 in aereo vapore sempre agitato,
 ad empir della Terra il centro vuoto
 che di qua poi se ne esce
 tra solfi impuri, e cresce
 di volatil in fisso e presa forma
 di umido radicale se stesso informa;
 
 VI
 se ben io sò che senza
 sigillarsi di vetro il vaso ovale
 non si ferma in lui vapore, illustrando
 che se pronta assistenza
 non ha d'occhio linceo, di mano industriosa,
 muore il candido infante al suo natale,
 ché più non lo cibano poi
 i primi umori suoi,
 come l'uomo che nell'utero si pasce
 d'impuro sangue, e poi di latte in fasce;
 
 VII
 se ben so tanto: pure
 oggi in prova con voi uscir non oso,
 perché anche gli errori altrui dubbio mi fanno.
 Ma se l'invide cure
 nella vostra pietà luogo non hanno
 voi togliete all'ingegno il cor dubbioso.
 Se il magistero vostro
 distintamente mostro
 in questi fogli miei; deh, fate ormai
 che solo legga in risposta: "opera, ché la fai ..."
 
 
 
 CANTO SECONDO
 
 I
 Quanto s'ingannano mai gli uomini ignari
 dell'hermetica scienza
 che al suon della parola
 applicano solo consentimenti avari,
 quindi, i nomi volgari
 d'argento vivo e oro
 s'accingono al lavoro,
 e con l'oro comune a fuoco lento
 credono fermare il fuggitivo argento
 
 II
 Ma se agli occulti sensi aprono la mente
 ben vedono manifesto
 che manca e a quello, e a questo
 quel fuoco universale ch'è spirito agente
 spirito che in violente
 fiamme d'ampia fornace
 abbandona fugace
 ogni metal, che senza vivo moto
 fuor dalla sua miniera é corpo immoto.
 
 III
 Altro Mercurio, altro Oro Hermes addita
 Mercurio umido e caldo
 al fuoco ogni ora più saldo
 Oro ch'è tutto fuoco e tutta vita
 differenza infinita
 Non sia che oro manifesti
 da quelli del volgo questi.
 Quei corpi morti sono, di spirito privi,
 Questi, spiriti corporei e sempre vivi.
 
 IV
 Oh, gran Mercurio nostro, in te si aduna
 Argento e Oro estratto
 dalla potenza in atto
 Mercurio tutto Sole, Sole tutto Luna,
 Trina sostanza in una;
 Una che in tre si spande,
 Oh, meraviglia grande.
 Mercurio, Solfo e Sale, voi m'apprendete
 che di tre sostanze voi solo una fate.
 
 V
 Ma dov'è mai questo Mercurio dorato
 che sciolto in Solfo e Sale
 umido radicale
 dei metalli diventa seme animato;
 ah, ch'egli é imprigionato
 in carcere sì dura
 che perfin la Natura
 ritrarlo non può dalla prigione alpestra
 se non apre le vie Arte maestra.
 
 VI
 L'Arte dunque che fà? Ministra accorta
 di natura operosa
 con fiamma vaporosa
 purga il sentiero e alla prigione ne porta
 che non con altra scorta
 non con mezzo migliore
 d'un continuo calore
 si soccorre a Natura; ond'ella poi
 scioglie al nostro Mercurio i ceppi suoi.
 
 VII
 Sì, si, questo Mercurio, animi indotti,
 sol cercare voi dovete
 ché in lui solo potete
 trovar ciò che desiderano gli ingegni dotti.
 In lui già son ridotti
 in prossima potenza
 e Luna e Sole; che senza
 oro e argento del volgo, uniti insieme
 son dell'argento e dell'oro il vero seme.
 
 VIII
 Eppure ogni seme inutile si vede
 se incorrotto e integro
 non marcisce e vien negro.
 Al generar la corruzione precede
 tale Natura provvede
 nelle opere sue vivaci.
 E noi, di lei seguaci,
 se non produrre aborti al fin vogliamo
 pria negreggiar ... ché biancheggiar dobbiamo.
 
 
 CANTO TERZO
 
 I
 Oh, voi che a fabbricar l'oro per arte
 non mai stanche tirate
 da continuo carbon fiamme incessanti
 e i vostri misti in tanti modi e tanti
 or fermate, or sciogliete,
 or tutti sciolti, or congelati in parte;
 quindi, in remota parte
 farfalle affumicate, e notte, e giorno
 state vegliando a stolti fuochi intorno.
 
 II
 Dalle invane fatiche ormai cessate,
 né più cieca speranza
 il credulo pensiero con fumi indori.
 Sono le opere vostre inutili sudori:
 solo si stampano sul volto ore stentate.
 Ah, che fiamme ostentate?
 Non carbon violento, accesi faggi
 per l'hermetica pietra usano i saggi.
 
 III
 Col fuoco, onde sotto terra al tutto giova,
 Natura, Arte lavora
 ché imitare Natura Arte solo deve;
 fuoco che vaporoso é, non é lieve,
 che nutre e non divora,
 ch'é naturale e l'artificio il trova,
 arrido e fà che piova,
 umido e ogni cosa dissecca, acqua che stagna
 acqua che lava i corpi, e mano non bagna.
 
 IV
 Con tale fuoco lavora l'Arte seguace
 dell'infallibil Natura,
 che ove questa manca, quella supplisce:
 quindi, comincia Natura, Arte finisce,
 ché solo l'Arte depura
 ciò che a purgar Natura era incapace.
 Semplice é la Natura, anche se scaltra
 non spiana una la via, s'arresta l'altra.
 
 V
 Dunque, a che pro' tante sostanze e tante
 in ritorte, in alambicchi,
 se unica é la materia, unico é il fuoco!
 Unica é la materia, e in ogni luogo
 l'hanno i poveri e i ricchi.
 A tutti sconosciuta e a tutti innanzi,
 abietta al volgo errante
 che per fango a vile prezzo ogni ora la vende,
 preziosa al Filosofo che intende.
 
 VI
 Questa Maria sola tanto avvilita
 cerchino gl'ingegni accorti
 ché in lei quanto desiderano, tanto s'aduna.
 In lei si chiudono uniti e Sole, e Luna,
 non volgari, non morti.
 In lei si chiude il fuoco onde hanno la vita.
 Ella dà l'acqua ignita,
 ella la terra fissa, ella dà tutto
 che infine bisogna a un intelletto istruito.
 
 VII
 Ma voi, senza osservare che un sol composto
 al Filosofo basta,
 più ne prendete in mano, chimici ignari.
 Egli cuoce in un sol vaso ai raggi solari
 un vapore che s’impasta.
 Voi, che mille paste al fuoco avete esposto ...
 Così mentre ha composto
 dal nulla il tutto Iddio, voi finalmente
 tornate in tutto al primitivo niente.
 
 VIII
 Non molli gomme o escrementi duri,
 non sangue o sperma umano,
 non uve acerbe o quintessenze erbali,
 non acque acute o corrosivi sali,
 non vitriolo romano,
 arridi talchi o antimoni impuri,
 non sulfuri, non mercuri,
 non metalli del volgo, al fine adopera
 un Artefice esperto della Grande Opera.
 
 IX
 Tanti misti a che pro': l'Alta Scienza
 solo in una radice
 tutto restringe il Magistero nostro:
 questa, che già qual sia chiaro vi ho mostrato
 forse più che non é lecito.
 Due sostanze contiene, che hanno una essenzza.
 Sostanze che in potenza
 sono Argento e sono Oro; e in atto poi
 vengono, se i pesi uguagliamo noi.
 
 X
 Sì che in atto si fanno Argento e Oro,
 anzi, uguagliate in peso,
 la volante si fissa in solfo dorato.
 Oh, Solfo luminoso, Oro animato ...
 In te del Sole acceso
 l'operosa virtù ristretta adoro!
 Solfo tutto tesoro
 fondamento dell'Arte in cui Natura
 decoce l'Oro e in elisir matura ...
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