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LA CHIAVE DELLA LIBERAZIONE






“Sorrise e levò lo sguardo a una foglia di pippala stagliata contro il cielo azzurro, la cui punta ondeggiava verso di lui come se lo chiamasse. Osservandola in profondità, Gautama vi distinse chiaramente la presenza del sole e delle stelle, perché senza sole e senza stelle quella foglia non sarebbe mai esistita. E vide la terra, il tempo, lo spazio: tutti presenti nella foglia. In verità, in quel momento preciso, l’universo intero si manifestava nella foglia. La realtà della foglia era un miracolo stupefacente. Vide che è l’esistenza di tutte le cose a rendere possibile l’esistenza di ciascuna cosa. L’uno contiene il tutto e il tutto è contenuto nell’uno. La foglia e il suo corpo erano una cosa sola. Nessuno dei due possedeva un sé permanente e separato, nessuno dei due poteva esistere indipendentemente dal resto dell’universo. Vedendo la natura interdipendente di tutte le cose, Siddhartha ne vide perciò la natura vuota: tutte le cose sono vuote di un sé separato e isolato. COmprese che la chiave della liberazione sta nei due principi dell’interdipendenza e del non sé. Illuminando i fiumi delle percezioni, Siddhartha comprese che l’impermanenza e l’assenza di un sé sono le condizioni indispensabili alla vita. Senza impermanenza, senza mancanza di un sé, nulla potrebbe crescere ed evolversi. Se un chicco di riso non avesse la natura dell’impermanenza e del non sé, non potrebbe trasformarsi in una piantina. Se le nuvole non fossero prive di un sé e impermanenti , non potrebbero trasformarsi in pioggia. Senza natura impermanente e priva di un sé, un bambino non potrebbe diventare un adulto. Quindi accettare la vita significa accettare l’impermanenza e l’assenza di un sé. La causa della sofferenza è la falsa nozione della permanenza di un sé separato. Vedendo ciò, Siddhartha giunse alla comprensione che non c’è nascita né morte, né creazione né distruzione, né uno né molti, né dentro né fuori, né grande né piccolo, né puro né impuro. Sono tutte false distinzioni create dall’intelletto. Penetrando nella natura vuota delle cose, le barriere mentali vengono scavalcate e ci si libera dal ciclo della sofferenza.” 

(Buddhacarita, III, 22 – poema di Ashvaghosa del I sec. d.C.)



 

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